La stand-up comedy fa sold-out in Italia
La stand-up comedy ha avuto, fino a tempi molto recenti, pochissimo spazio nell’ambito artistico italiano. Il seguito raccolto da questo tipo di spettacoli nel nostro paese riguardava, nella stragrande maggioranza dei casi, artisti stranieri, principalmente anglosassoni.
Marco Di Pinto e il suo gruppo di comici hanno rotto l’inaccessibilità verso questa nicchia del mondo della creatività, portando alla ribalta un modo di fare comicità a cui mancava, in Italia, lo spazio che meriterebbe. Il giovane artista di origini pugliesi, da anni residente a Londra, è fondatore e manager di BeComedy, un gruppo di comici, esperti monologhisti, che ha cambiato le carte in tavola e ha contibuito a diffondere questa forma d’arte in Italia con successo in tempi rapidissimi.
Il successo del gruppo BeComedy e la vostra presenza sui social media sono cresciuti in maniera esponenziale, vi esibite ormai in diverse località europee e tantissime città italiane. Ci racconti come è iniziato tutto.
La comicità mi ha sempre attirato, mi è sempre piaciuta. Sono cresciuto guardando Zelig e soprattutto con i film di Massimo Troisi, ma fu quando Antonio Ricatti, comico con cui collaboro da anni, mi indrodusse a Bill Hicks che mi si aprì il mondo della stand-up comedy. Fino ad allora ero stato abituato a forme di comicità molto più leggere. Con Bill Hicks ho scoperto un modo di far ridere senza filtri, diretto, che arrivava a toccare anche temi molto delicati. Hicks divenne un po’ il mio idolo e, dopo aver viaggiato negli Stati Uniti per diversi anni consecutivi, visitando il Comedy Store di Los Angeles, entrai in contatto con la sua famiglia e cominciai ad organizzare serate tributo a lui dedicate. Proiettavamo spezzoni dei suoi spettacoli e raccontavamo aneddoti della sua vita. Ebbi modo di intervistare suo fratello e divenni molto legato alla sua famiglia. Sua madre era sempre presente a quelle serate.
Fu quello a farla cominciare definitivamente?
In realtà all’inizio era solo una cosa fatta per passione, laterale diciamo. Nel 2012 mi sono trasferito a Londra. All’epoca ero impegnato in lavoretti temporanei, poco soddisfacenti, non pensavo alla comicità in maniera professionale. Mancava, però, una certa presenza della stand-up comedy sui social, almeno in lingua italiana. C’era davvero molto poco in Italia in quel senso e così tentammo di riempire quella nicchia. Durante la pandemia il nostro seguito aumentò in maniera impressionate e dal 2022 in poi abbiamo raggiunto una presenza davvero importante sui social. All’inizio eravamo solo io e Antonio Ricatti, poi si aggiunsero Tiziano La Bella, ormai praticamente il mio socio, e Luca Cubani. Cominciammo ad organizzare i nostri spettacoli, sia a Londra che in Italia, e presto la cosa prese piede.
Qual è stato l’ostacolo più grande?
Direi che le difficoltà iniziali hanno riguardato soprattutto abituare il pubblico italiano a un tipo di comicità per niente comune nel nostro paese. Organizzare serate in Italia era, all’inizio, piuttosto complicato. Perfino i gestori dei locali in cui ci si esibiva non erano sempre pronti ad accogliere un genere di serata che non comprendevano del tutto. Lo stesso valeva per il pubblico. Però ci hanno scommesso ed alla fine ha funzionato. Sia i gestori che il pubblico hanno accolto i nostri spettacoli con sorprendente supporto, quindi non si è poi rivelato un ostacolo particolarmente difficile da superare.
C’è differenza nell’approccio del pubblico nei confronti della Stand-Up comedy, soprattutto per quanto riguarda la fascia più dark della comicità?
Paradossalmente in Italia la comicità dark sembra trovare molta meno resistenza. Credo sia perché da noi è ancora sostanzialmente una novità e, superata la titubanza iniziale, il pubblico reagisce con molta più apertura. In Inghilterra, ad esempio, dove il pubblico è stato esposto a questo tipo di comicità da molto più tempo, non è certo una novità. Li certe cose tendono anche ad essere più soggette all’idea di politically correct, quindi a volte è possibile che certe cose siano più facili da dire in Italia.
E per quanto riguarda la censura? Avete avuto molte difficoltà in quel senso?
Mai stato un grosso problema. Non sono d’accordo con l’idea che non si possa più dire niente. Penso che certe cose abbiano il proprio contesto e che quel contesto debba essere compreso da chi si esibisce. Un comico non può salire sul palco ed essere volgare o cattivo per il semplice gusto di esserlo. Bisogna saperle scrivere certe battute, bisogna sapere cosa si sta facendo. Pensa che con il nostro spettacolo, Dark, dove il linguaggio di certo non è leggero, abbiamo fatto 42 serate quasi tutte sold-out. Alla gente è piaciuto.
Il vostro libro è uscito il 13 novembre, le va di parlarcene brevemente?
Il libro si intitola Alla scoperta della Stand-Up comedy e lo abbiamo scritto io e Tiziano La Bella. Nel testo mettiamo a disposizione tutta la conoscenza accumulata in questi anni di esperienza sul palco. Il pubblico italiano sembra essere pronto e visto l’inaspettato e rapido successo abbiamo capito che questo era il momento giusto. Inoltre abbiamo avuto totale supporto dalla NEO. Edizioni, che ci ha lasciato carta bianca su temi e linguaggio del libro, senza alcuna restrizione.
Io mi sono occupato dell’aspetto storico della stand-up comedy, dei pionieri di questo genere d’arte, a mio parere nozioni fondamentali sia per chi vuole avvicinarsi a questa categoria di comicità. Tiziano ha invece trattato l’aspetto più pratico dell stand-up, la scrittura delle battute, come affrontare la paura del palco e come comunicare con il pubblico.
C’è stato qualche momento in cui ha dubitato del progetto, in cui si è chiesto se ne valesse la pena?
Dubitato mai. Come ho già detto per me questa era solo una passione laterale. Mi ero però aspettato un successo molto più lento rispetto a quanto avvenuto alla fine. Prima della pandemia, nel 2019, ti avrei detto che ci sarebbero voluti almeno altri dieci anni per cominciare ad avere un seguito davvero significativo. Invece, dopo solo cinque anni, ci ritroviamo con mezzo milione di followers su Instagram e serate quasi tutte sold-out in tantissime città, da Londra a Milano, Torino, Bologna, Padova, solo per citarne alcune. Se pensi che per quanto riguarda la stand-up comedy l’Italia era indietro di forse 80 anni un successo tanto rapido è sorprendente. Direi che ce l’abbiamo fatta.
Quali progetti avete per il futuro?
Abbiamo diverse cose in preparazione. Presto i tre comici dello spettacolo “Dark”, Tiziano La Bella, Antonio Ricatti e Xuliano Dule, partiranno con tour separati di circa un’ora. Giacomo Pietrini e Tommaso Adani esordiranno con spettacoli un po’ più brevi. C’è poi la possibilità di partire con un podcast tutto nostro, ma c’è bisogno di un’idea che funzioni per essere certi che abbia successo, e a quello stiamo ancora lavorando. Infine non sarebbe male replicare uno spettacolo come “Dark”, con vari comici che si susseguono sul palco, anche se non necessariamente a tema dark humor. E poi consolidare i progetti già in corso, come i workshop che proponiamo a chiunque voglia imaparare un po’ delle basi della stand-up comedy, perfino esibirsi. C’è poi il progetto BeMindful.
Ecco, volevo concludere con una nota seria prorpio parlando di BeMindul. Ce ne racconta?
BeMindful è nato con lo scopo di fare divulgazione sulla salute mentale attraverso la comicità. Abbiamo organizzato delle serate in cui un esperto illustrava varie tematiche sulla salute mentale per poi essere seguito da comici con spettacoli anche piuttosto dark. Si lasciava poi spazio alle domande del pubblico, sempre relative alla salute mentale. È un tema molto importante, a cui io stesso sono particolarmente legato, data la mia esperienza con attacchi di panico. È importante alimentare la consapevolezza delle persone riguardo a questi argomenti ritenuti ancora un tabù, e credo la comicità possa essere un potente strumento in questo senso.
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