Tra viaggi, sogni, fumetti, avventure fotorealistiche e una tragica fine
Ninì era un ragazzino innamorato della vita, della gioia… Anche se la vita qualche gioia se l’era presa e portata via, ingannandolo.
Ninì era cresciuto in fretta, senza conoscere suo padre. In compenso la vita gli aveva regalato una madre dolce e comprensiva, nonché ben due “vicemadri”. La prima amorevole, ma forte ed autoritaria; la seconda un po’ chioccia e dolcemente giocherellona.
In questa atmosfera rassicurante, Ninì era cresciuto vivendo il suo tempo, figlio del Secondo dopoguerra, in un mondo dove c’era sempre qualche piccola grande china da dover risalire. E lui si rimboccava le maniche, andando dritto per la sua strada, curioso della vita e delle persone, vivendo il fascino del prossimo e di tutte quelle situazioni che potessero arricchire il suo animo, quello di un sognatore.
Ninì sognava viaggi ed avventure esotiche e fantastiche in mondi lontani, le stesse che leggeva e ammirava, rappresentate nelle sue chine, nei bei disegni dei suoi albi a fumetti. Tra questi, uno dei più amati da Ninì era Flash Gordon di Alex Raymond: avvincente ed entusiasmante, con disegni bellissimi, di un realismo da togliere il fiato, sconosciuto ai suoi occhi.
La storia della Golden Age del fumetto americano vede una sorprendente evoluzione stilistica tra gli anni ’30 e gli anni ’40, nella quale proprio Raymond rappresenta uno dei principali spartiacque tra la precedente rappresentazione di vignette e strisce satiriche o narrative dallo stile scarno o caricaturale (a seconda del contesto descritto), verso una ricerca grafica sempre più accurata dei tratti somatici, delle espressioni facciali, dei particolari scenico-paesaggistici. Solo per citare i maggiori, oltre l’autore di Flash Gordon, troviamo Hal Foster (Tarzan), Milton Caniff (Terry e i Pirati), Al Capp (Li’l Abner). È con loro che assistiamo alla definitiva entrata dell’arte dell’illustrazione all’interno della comic strip di genere, dando vita a quello che è stato definito da Dave Sim(1) il cosiddetto fotorealismo (Raymond), oppure realismo fumettistico (Caniff, Capp), oppure realismo non stilizzato (Foster).
Ma Alexander Gillespie Raymond non fu soltanto un grandissimo artista del fumetto e straordinario disegnatore, capace di far volare verso mondi lontani i lettori come Ninì, era anche un uomo attraente, ricco e affascinante, amante del bello e delle forti emozioni, come quelle che viveva attraverso la sua grande passione per le auto sportive, che guidava anche prendendo parte a gare automobilistiche. E fu proprio per questa passione che il 6 settembre 1956 si trovava al volante della Corvette convertibile del collega Stan Drake, disegnatore del fumetto The Heart of Juliet Jones, scritto da Elliot Caplin (fratello di Al Capp), che aveva accettato con grande entusiasmo di fargli provare la sua nuova auto sportiva.
Fu per questo motivo che il 7 settembre 1956 tutti i principali giornali americani parlarono del tragico incidente in cui Alex Raymond aveva perso la vita, mentre il collega Drake era rimasto gravemente ferito, riuscendo tuttavia a salvarsi. Quell’incidente fu la causa della “Strana morte di Alex Raymond”(2)
Perché “strana”? Perché furono in molti, da quel lontano 1956, a pensare che non si fosse trattato davvero di un incidente…!
(continua)
- Marco Di Pinto e BeComedy
- Mordere il cielo – Teatro Olimpico (Roma)
- Ninì, Flash Gordon e il mistero di Alex Raymond
- Goldrake
- Libraia, un viaggio tra libri, editoria, passato e presente
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