Felice Carena: un’arte di luce e umanità

Editoriale

Novembre 27, 2024

Categorie

Tag

Luce, emozione e realtà: la pittura di Felice Carena tra simbolismo e introspezione

Le Gallerie d’Italia di Milano rendono omaggio a Felice Carena in occasione del 145° anniversario dalla sua nascita, presentando una mostra che si collega idealmente all’ultima grande retrospettiva dedicatagli a Venezia nel 2010.

Felice Carena, importante pittore italiano, nasce a Cumiana, in Piemonte, nel 1879. Carena è conosciuto soprattutto per la sua attenzione al mondo rurale e alla rappresentazione della figura umana, trattata con una delicatezza che unisce idealismo e realismo. La sua carriera artistica si sviluppa durante i primi decenni del Novecento, attraversando momenti di profonda riflessione e innovazione artistica che rispecchiano i cambiamenti storici e culturali del suo tempo. Il senso di umanità diventa, infatti, il nucleo della sua arte: dipinge opere come Signorina (1901) e Ritratto (1904), in cui oggetti come la sveglia e la candela consumata simboleggiano la brevità della vita. Nel 1903 fu tra i promotori della Secessione Romana, un evento che segna il suo abbandono del simbolismo in favore di una pittura dai colori intensi, ispirata a Gauguin e Matisse.

Carena, profondo conoscitore dell’arte classica, cercò incessantemente di trasporre l’utopia nella pittura, rendendo le forme attraverso una luce plastica e tangibile. Mediante la sua arte, oggetti semplici come ritratti, nature morte, paesaggi e fiori, diventano straordinari poiché investiti di emozioni cromatiche intense e sorprendenti. Pennellata dopo pennellata, la sua pittura è frutto di un processo di costruzione e cancellazione che mira alla perfezione narrativa, con una dedizione analitica che rispecchia il suo impegno.

Nel corso di poco più di vent’anni, Carena passa dalla delicatezza simbolista – riconoscibile nell’Autoritratto, dove la forma si dissolve come nelle sculture di Leonardo Bistolfi -, a opere come Quiete, Serenità, Gli Apostoli, e La Pergola. Opere successive come La scuola, Autoritratto nello studio ed Estate (L’amaca) segnano una nuova fase, dove prevalgono la solidità dei volumi e la densità della pennellata. Emerge, dunque, un filo conduttore che attraversa tutti i suoi lavori: la ricerca costante di una luce interiore che non si limita a toccare la superficie, ma scaturisce dall’essenza stessa delle cose, trasformandosi in “forma” viva, come scrive il filosofo Schelling, figura molto apprezzata dall’artista.

Nel 1939 emerge la religiosità di Carena, la quale trova piena espressione nella Deposizione, capolavoro in cui rielabora elementi del Rinascimento e del Barocco, liberando la Passione di Cristo dalla retorica per restituirle un’umanità profonda. Ancora più scarna e tragica appare la Deposizione del 1963. In quest’ultima la tecnica usata nelle scene d’azione è diversa e, infatti, i passi biblici sono narrati attraverso colori intensi e gesti marcati, esaltati dai contrasti di luce.

Un tratto altrettanto vibrante e sintetico caratterizza i disegni degli ultimi anni, dove l’inchiostro crea ombre sfumate e vitali. La rapidità e l’impeto bozzettistico donano forza ai soggetti mitologici e religiosi che sfilano in queste opere finali: da Ercole e Anteo ai Centauri, da Teseo a Don Chisciotte, fino alle Deposizioni.

Felice Carena si prefigura come un artista che ha saputo rendere la pittura un mezzo autonomo, capace di manifestare la realtà e trascenderla al tempo stesso, trasformando l’infinito in finito, la morte in vita.

Navigazione EditorialeL’ultima tappa della mostra The World of Tim Burton >>

Autore

Questa voce fa parte 1 di 58 nell'editoriale Il Novelliere 16

0 commenti

Invia un commento

Scopri di più da Il Novelliere

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading