Criminali nate: il volto nascosto della devianza femminile

Editoriale

Novembre 20, 2024

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Chiara Pasqualini svela il legame tra cultura, mafia e stereotipi di genere

In ogni ambito, il femminile è stato trattato per lungo tempo come una derivazione poco rilevante della realtà assoluta del maschile. Nel libro Criminali Nate – recensito in questo numero de Il Novelliere – Chiara Pasqualini affronta un’approfondita ricostruzione storica dello studio delle devianze e sul pregiudizio sessista che ha condizionato le indagini scientifiche riguardo la devianza femminile. In questa intervista l’autrice ci svela qualche ulteriore retroscena dell’opera.

Nel suo libro l’analisi dell’origine della criminologia e conseguentemente dell’analisi del comportamento criminale, si sofferma esclusivamente sugli studi di stampo europeo. Da dove nasce la scelta, palesemente intenzionale, di non soffermarsi sugli studi avvenuti oltreoceano?

Per una questione pratica, principalmente. Quando iniziai ad occuparmi di questo lavoro fu subito chiaro che mi ritrovavo davanti un argomento che aveva radici ovunque. Approfondire ogni aspetto era fattivamente impossibile, aggiungere anche studi e casistiche fuori da ambito europeo poteva portarmi fuori strada o rendere il lavoro confuso e vago. Volevo essere precisa ed efficace.

C’è comunque da dire che, per quanto io non abbia esaminato esplicitamente la casistica extraeuropea, l’influenza di quanto avvenuto nel resto del mondo è comunque presente attraverso gli studi delle scuole di pensiero.

Riconoscere le posizioni di rilievo occupate dalle donne nella criminalità organizzata quanto è stato determinante sulla rielaborazione degli studi riguardanti la devianza criminale femminile?

In realtà credo che le cose vadano in parallelo e si siano incrociate poche volte.

I numeri delle donne nelle carceri, quelle accusate di associazione di stampo mafioso o, caso estremo, quelle al 41 bis, sono bassissimi. Ad oggi, nonostante si sia affievolito parecchio l’effetto cavalleresco prima e di pregiudizio poi, il ruolo delle donne nella mafia viene percepito ancora come una nota un po’ stonata, nonostante sia un ruolo assolutamente accertato nelle posizioni di comando, parallelo a quello più classico di madri. Ma pur essendo madri, che trasmettono un codice culturale alle generazioni future, il codice mafioso è un codice totalmente ribaltato rispetto a quello della società regolare. Senza tralasciare, inoltre, il non trascurabile ruolo di richiedenti vendetta nelle questioni di famiglie e clan.

Crede che il mondo religioso abbia in qualche modo avuto una rilevanza sulla percezione distorta degli studiosi riguardo la devianza femminile, o ritiene che l’assodata “inferiorità della donna” nei secoli scorsi sia stata sufficiente a trattare gli studi a riguardo con superficialità e pregiudizio?

Non credo, o comunque non posso ammetterlo, ci sia una correlazione diretta tra religione e percezione distorta degli studiosi. Credo, invece, che si possa pensare ad un “effetto sponda”. La religione è da sempre uno degli elementi che caratterizzano le società, influendo più o meno consapevolmente o volutamente sull’andamento del pensiero e dell’apparato normativo a volte anche giuridico. Quello che è certo è il ruolo fondamentale della religione nella costruzione e mantenimento del pregiudizio.

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