La poliedrica penna di Francesca Tassini

Editoriale

Novembre 17, 2024

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La scrittura che accarezza ogni forma d’arte

Versatile e talentuosa, Francesca Tassini è stata la penna di opere di grande valore, come ad esempio la fortunata serie di romanzi, divenuta poi serie tv targata Rai, “Snow Black”. A parlarci della sua carriera, è proprio la scrittrice milanese.

Come racconti, hai studiato sceneggiatura presso la Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti. Da cosa è nata l’idea di spendere le nozioni imparate inizialmente verso la narrativa?

La mia passione per la scrittura. Ho concluso il corso di sceneggiatura alla Luchino Visconti nel 2004 e fin da subito mi sono confrontata con la scrittura e l’editing di fiction, documentari, film. A un certo punto ho avuto voglia di sperimentarmi nella narrativa, che avevo sempre mantenuto come mio spazio intimo. Avevo una storia da raccontare, la mia, che premeva per prendere forma, così è nato Come mosche nel miele, il mio primo libro. Un ibrido tra autofiction e memoir pubblicato da Solferino nel 2019. In concomitanza sono stata chiamata a scrivere il primo romanzo della serie per ragazzi Snow Black. Da qui in avanti mi è stato chiaro che non avrei potuto abbandonare la narrativa pur continuando a scrivere per cinema e televisione.

Tu sei l’autrice, tra le tante cose, della trilogia di romanzi Snow Black, dai quali è stata tratta anche l’omonima serie tv prodotta dalla Rai. Quali sono state le sensazioni che hai provato vedendo una tua opera prendere fisicamente vita?

È un’esperienza che non ha l’impatto che ci si può aspettare, poiché la preparazione di una serie televisiva richiede tempo e molteplici passaggi, ma quando ho saputo che Snow Black sarebbe diventato una serie live-action prodotta da Rai, e quando ho visto i primi casting, l’emozione è stata grande. È un traguardo desiderato da noi autori, spesso difficile da raggiungere. Avendo poi seguito tutti i passaggi di adattamento dal libro sulla prima stagione mi è stato ancora più facile entrare come co-sceneggiatrice sulla seconda.

Hai dimostrato di saperti destreggiare con talento in svariati campi dove la parola scritta la fa da padrona, nonostante ogni settore richieda competenze diverse. Che consigli daresti a chi vuole approcciarsi alla scrittura a trecentosessanta gradi come tu stessa hai fatto?

Non c’è una sola risposta, posso dire come ha funzionato per me: non ho mai mollato. Ho continuato a scrivere anche quando i progetti venivano cestinati dopo tanto lavoro fatto, ho continuato a perfezionare la tecnica, a leggere, a guardare film e serie. Ci vogliono una grandissima passione, ma soprattutto pazienza e determinazione. La seconda non mi è mai mancata, sulla prima ci sto ancora lavorando ma sono migliorata rispetto a qualche tempo fa. Bisogna anche essere aperti al cambiamento. Non fissarsi sulle proprie idee, essere permeabili, il che non significa adattarsi a tutto ma lasciarsi, appunto, permeare dalla molteplicità di strade che ogni storia dischiude. Ah, e bisogna trovare una propria disciplina e un metodo. Scrivere sempre e comunque. Non essere suscettibili alle critiche, mettersi in discussione. Essere voraci.

Il tuo mestiere di insegnante presso diversi laboratori di scrittura ti porta ad essere a contatto con adulti così come con i ragazzi. Riguardo quest’ultimi, come vedi questa nuova frontiera di aspiranti scrittori? Ne sei soddisfatta, o senti che tutt’ora manchi nelle loro idee, qualcosa?

Grazie ai miei libri per ragazzi (Snow Black ma anche i gialli del “Taxi”, entrambi editi da Marietti Junior) ho avuto modo di tenere laboratori e workshop di scrittura nelle scuole, nei doposcuola e in diverse realtà territoriali. Sono esperienze arricchenti da entrambe le parti. Da quando insegno sceneggiatura alla Luchino Visconti dove io stessa ho studiato ho a che fare con adulti dai 18 ai 40 anni che vogliono imparare il mio mestiere, e con loro mi sento ancora più libera nella comunicazione. I ragazzi più giovani hanno tante idee, ma rispetto alle generazioni precedenti fanno più fatica a costruire una narrazione di senso compiuto, è come se mancasse loro un collante che mette insieme i passaggi di una storia. Credo che paradossalmente sia dovuto soprattutto alla sovraesposizione ai prodotti audiovisivi delle piattaforme e alla narrazione breve dei social.

Al momento sei impegnata in diversi progetti sia filmici che non. Potresti darci una piccola anticipazione su ciò a cui stai lavorando?

Di recente è uscito per Cosmo Editoriale Canti del ferro, un libro con i miei testi e le illustrazioni del maestro dell’acquerello Daniele Serra. Nello stesso periodo ci sono state altre due uscite editoriali: un mio racconto è stato pubblicato all’interno dell’antologia Sette storie horror a cura di Manlio Castagna per il Battello a Vapore, la seconda è Mangiami, graphic novel tratto da un soggetto originale mio e del collega Mario Pasqualotto. Pur essendo diversissimi tra loro hanno in comune il genere horror. E sarà un horror con una forte connotazione sociale anche una mia novella di prossima uscita. Passando alla sezione cinema, ho in cantiere un film per il quale abbiamo vinto una importante sovvenzione regionale, e un altro film (Indelebile, con Giulia Dragotto e Fabrizio Ferracane) è pronto per l’uscita nelle sale, ma ancora non ho una data da comunicare.

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