Teatro e supporto psicofisico per donne con cancro al seno, con Annalisa Arbolino
Nel cuore della Campania, nasce un progetto innovativo dal nome “We for Us”, dedicato al supporto delle donne che affrontano una diagnosi di cancro al seno. Nato dalla collaborazione tra le associazioni AbileMente e Indila, il progetto va oltre l’assistenza medica, offrendo sostegno psicofisico a pazienti e familiari attraverso incontri e attività formative. Tra queste, spiccano il teatro-terapia, il counseling nutrizionale e lo yoga, che creano uno spazio di espressione e conforto per alleviare le difficoltà quotidiane legate alla malattia.
A guidare il progetto è Annalisa Arbolino, attrice e presidente di Indila, che porta nel programma un approccio integrato, ispirato dalla sua esperienza teatrale e pedagogica, volto a favorire benessere e resilienza. Il progetto, concepito come replicabile, si propone come modello per il futuro del supporto oncologico inclusivo.
Annalisa, cosa l’ha ispirata ad avviare il progetto “We for Us” e quali obiettivi a lungo termine spera di raggiungere con questa iniziativa?
Voglio subito precisare che l’idea del progetto è stata della mia socia e amica Antonella Fruguglietti, presidente dell’associazione Abile mente con la quale Indila, l’associazione di cui sono fondatrice e presidente, collabora da tempo. Antonella oltre ad essere un’ interprete LIS è anche un’ottima progettista e ha avuto un’esperienza diretta rispetto alla malattia in questione. Quando mi ha parlato del progetto non ho potuto non condividere con lei tutti gli aspetti.
Il nostro obiettivo principale è quello di sostenere, sia con le consulenze che con i laboratori, le nostre destinatarie, ma l’obiettivo più grande è far proseguire nel tempo il progetto. Ovviamente, ci stiamo già attivando per far si che ciò avvenga, cercando sostegno anche dalle istituzioni e dai privati.
In We for Us, il teatro-terapia occupa un ruolo centrale. Anche se le attività devono ancora iniziare, quali sono i benefici che si aspetta di portare alle partecipanti? Quali esperienze precedenti l’hanno convinta dell’importanza di includere il teatro in un percorso di supporto psicofisico?
La definizione “teatro-terapia” viene usata spesso per spiegare a chi non conosce bene il teatro la funzione che ha all’interno di un laboratorio. Il teatro di per se è terapia, quando ci si approccia al teatro, soprattutto in forma di studio e di ricerca, inevitabilmente ci si mette in discussione, scavando nel profondo del proprio io. Come potrebbe questo non essere utile a quelle persone che soffrono di una patologia e che quasi sicuramente nel corso della loro vita hanno represso molte emozioni? La malattia è la manifestazione fisica di ciò che abbiamo dentro.
Quindi quello che mi aspetto è che queste persone si sentano libere di esprimersi in un spazio extra quotidiano, gli spazi teatrali dove c’è assenza di giudizio e dove ci si può sentire protette. Lo spazio teatrale deve essere lo spazio della cura. Grazie alle mie esperienze personali posso assicurare che teatro è veramente luogo di benessere psicofisico.
Lei ha collaborato con figure di spicco come Sergio Castellitto, Luca de Filippo, Mario Martone, Davide Iodice, Penelope Cruz e Gigi Proietti. In che modo queste esperienze e il suo impegno come insegnante di teatro, anche in contesti difficili come i minori a rischio e il carcere minorile, influenzano la sua visione del progetto? Quanto influisce, inoltre, il suo ruolo di insegnante di yoga nel definire un approccio olistico per i partecipanti di “We for Us“?
Beh, lavorare con nomi come sopra citati è stato sicuramente un privilegio e ciò che li accomuna è la loro umanità, oltre la loro attenzione per gli altri. L’esperienza sul campo però l’ho fatta da giovanissima con la regista e coreografa Anna Redi, con la quale ho collaborato per anni non soltanto come attrice ma soprattutto come sua assistente nei laboratori con bambini rom, minori a rischio e carcerati. Oggi continuo il mio lavoro con la Scuola Elementare del Teatro diretta dal regista Davide Iodice, all’interno della quale svolgo il ruolo di tutor per persone con disabilità di ogni genere.
Inevitabilmente tutto il mio percorso lavorativo e di ricerca mi porta a sposare progetti come questo, dove ho la possibilità di mettere la mia esperienza di vita e lavorativa al servizio di chi ne ha bisogno. Siamo parte di un Universo e ciò che accade a chi ci sta intorno non po’ non interessarci. Ecco che qui entra in gioco l’aspetto olistico, parte fondamentale del mio essere. Nel mio quotidiano e nella condivisione delle mie lezioni non posso non trasmettere gli insegnamenti ricevuti dai miei maestri, che uniti al lavoro teatrale generano benessere psicofisico.
L’approccio olistico è fondamentale per la cura di se. Dove non c’è cura non c’è guarigione.
Il progetto include anche i familiari dei pazienti, un aspetto innovativo. Quali benefici ha notato nel coinvolgere i caregiver e i figli delle donne partecipanti e come crede che questo approccio esteso possa contribuire al successo del progetto?
Questa per me è una domanda molto semplice e anche molto personale.
All’età di 9 anni la mia mamma si è ammalata, ha passato mesi in ospedale, e oltre al dolore della sua assenza ricordo quel gran senso di isolamento. Nessuno mi stava accanto, nessuno si prendeva cura di me, nessuno ascoltava le mie paure. Lo so, la malata era lei ma io non sapevo nemmeno come starle accanto, non riuscivo nemmeno a guardala quando andavo a trovarla. A 27 anni una mia cara amica ha avuto il tumore al seno, ero disperata, non sapevo che fare, come starle accanto, come aiutare lei nel suo dolore e me nel mio. A 34 ho scoperto di avere una malattia cronica invalidante senza cura, quelli che mi stavano accanto non sapevano come starmi vicino e alcuni ancora non lo sanno. Per questo credo che questo aspetto sia fondamentale all’interno del progetto e che sia un valore aggiunto, grazie al quale si possa andare verso un maggior successo.
Per concludere vorrei aggiungere che tutte le consulenze e i laboratori sono accessibile anche a persone sorde.
Grazie per questa piacevole intervista.
Vi lascio con l’augurio di poter portare avanti altri progetti come questo e che il benessere di chi soffre sia un obiettivo di molti.
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