Domenica 20 ottobre 2024 dalle ore 11:30 lo start della mostra di Berto Lama Sconfinamenti e la presentazione con l’artista
Berto Lama, artista poliedrico – pittore, scultore, attore, scenografo – ha realizzato appositamente per la Galleria una mostra in cui i dipinti, le sculture e i monili ripercorrono circa trent’anni della sua storia all’incrocio di linguaggi ed esperienze differenti. Berto Lama non ha mai rinunciato a rivendicare il proprio passato di costumista e scenografo, il suo impegno di ricerca e creazione al fianco di Mario Martone e Tony Servillo, impegno grazie al quale ha affinato la propria interpretazione dell’opera d’arte che è esperienza di “sconfinamento”.
In mostra piccole tele, “preziosi” gioielli, grandi ragnatele di lino cucite che raccontano di miti a cui Lama “si è abbeverato fin dall’infanzia”, come nell’autoritratto sentimentale Adamo, bambole queer “enigmatiche e sfuggenti che imitano le grandi dive del passato, omini antropomorfici, atleti, danzatori, acrobati, giullari, specchi, arazzi, mosaici, fiori, stelle, dipinti su tessuti, spesso intagliati o imbottiti, sculture di stoffa, gioielli plasmati con drappi antichi, perle, gemme grezze o vetri iridati, polvere d’oro, abbagli di terre lontane e profumo dell’Oriente che Lama ha più volte esplorato” (E. Pellecchia).
Le sue opere raccontano di “storie sognate e riemerse dai ricordi dell’infanzia”, narrate fin dagli anni Ottanta con il linguaggio tessile, cifra dominante dei suoi lavori, e di rottura dei limiti della cornice e di superamento degli “antichi steccati” fra genere e codice. La sua pittura si spinge ben oltre la superficie, gioca con gli oggetti e lo spazio, “manipola, ricicla, ibrida, scompone e riassembla, mescola l’alto e il basso, crea drammaturgie insolite con i suoi teatrini pop di pensieri scomposti, stravaganti e poetici” (E. Pellecchia). Pezzi unici i suoi, pensati come una immaginaria scenografia contemporanea da un artista con lo sguardo fanciullo che vuol divertirsi e divertire e che continua a stupirsi e a stupire.
La mostra è accompagnata da un testo di Erminia Pellecchia.
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