Sette è un numero simbolicamente importante. Non è tanto ma non è nemmeno poco, è tempo di primi bilanci, di dati razionali, di pensieri più o meno drastici su di uno specifico tema. Sette sono le meraviglie del mondo secondo gli antichi greci e romani. Lord Voldemort nella saga di Harry Potter alla ricerca dell’invincibilità, decide di dividere l’anima – attraverso l’utilizzo degli Horcrux – in sette pezzi. Sette sono anche i vizi capitali dell’uomo, i quali sono il mantra dell’omonimo cult (dal titolo numerico in inglese, Se7en) diretto da David Fincher nel 1995.
Nel film un serial killer (un inquietante Kevin Spacey) promette – attraverso un gioco mentale sadico – ai due detective protagonisti, interpretati da Brad Pitt e Morgan Freeman, sette omicidi secondo i canoni dei sette peccati capitali, così da purificare una società contemporanea macchiata dalla menzogna e dal feticismo. Ciò scatena una corsa senza fine per fermare l’omicida, dando al film un ritmo intenso, che a sua volta lo rende uno dei thriller psicologici più importanti dell’era moderna.
Forse non sono (al momento) sette i peccati della Salernitana, e non sono allo stato attuale nemmeno capitali, eppure dei peccati/vizi ci sono, perché qualche problema ci deve pur essere dopo sette giornate alquanto altalenanti e difficilmente decifrabili (otto contando la partita di Coppa Italia).
Il primo bilancio è una squadra con due lati della stessa medaglia: molto prolifica in avanti e sbadata in difesa da una parte; più solida dietro e meno incisiva in attacco dall’altra. Quest’ultimo diktat è quello che appare nelle ultime due giornate, dove a Reggio Emilia la Salernitana gioca bene, spreca delle occasioni e non subisce reti, mentre in casa col Catanzaro si fa attrarre all’interno di una partita scialba e bloccata, non riuscendo infine a risolverla. I risultati sono entrambi di 0-0, e ciò fa nascere le prime riflessioni ma anche un leggero caos sulla vera identità di questa squadra. In Se7en piove sempre, come in un cine-comics di ambientazione noir, sulla Salernitana invece arrivano le prime piogge.
Col Catanzaro rientrano nel peccato della lussuria giocatori come Braaf e Verde, che spesso amano troppo sé stessi col pallone e diventano inconcludenti (seppur ora siano costretti a fare anche fase difensiva, quindi sono meno lucidi nella meta campo avversaria). Il peccato di ira (anche se esso è un’estremizzazione, si dovrebbe scrivere di presunto nervosismo) affligge nel post-gara in conferenza stampa il tecnico Martusciello, “pressato” sulla gestione ambigua della formazione inziale, delle sostituzioni, della condizione atletica dei giocatori in campo. Il mister entra nelle domande e nei ragionamenti in maniera tesa, da un lato non comprende cosa vogliono da lui nel mezzo di un percorso non iniziato da tanto, e dall’altro probabilmente sa che delle criticità ci sono.
Problemi atletici, perché giocatori come Torregrossa, Soriano, Maggiore, Reine-Adélaïde (che si è fermato durante il match) sono decisamente in ritardo di condizione. Di disponibilità, perché Kallon e Tongya risultano al momento assenze pesanti. Sembra indispensabile pure uno come Simy, eppure viene lasciato tutta la partita in panchina, a discapito di un citato Torregrossa e di un Włodarczyk soporiferi.
Problemi di costruzione del gioco, perché a volte la manovra è troppo lenta, e il centrocampo fa fatica a fare da collante qualitativo e quantitativo tra la difesa e l’attacco. Infine, di discontinuità, soprattutto dei singoli, che non permettono di avere prestazioni costanti ed elevate nel tempo, tipico di un team in cantiere o di età media bassa.
E quindi ci si chiede qual è la vera Salernitana? Quella che crea tanto, corre, pressa ma allo stesso tempo perde equilibrio, o quella più attenta, razionale, apparentemente solida ma confusionaria e poco lucida in avanti. La verità sta nel mezzo, soprattutto in un campionato complicatissimo che non permette di essere sempre sé stessi. Il famoso tempo nominato la settimana scorsa è croce e delizia, perché a fine gara arrivano pure dei primi fischi, delle voci di insofferenza del pubblico sulla prestazione e sulla classifica.
Il Se7en della Salernitana crea un dilemma: É la piazza che a prescindere pretende maggiori risultati o questa squadra può davvero fare di più?
Miglior attore: Gian Marco Ferrari
Villain: Ernesto Torregrossa
Regia: Giovanni Martusciello
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