Perché la poesia combatte la noia
Per Kant la noia è l’anelito di un piacere non realizzato. Per Fromm l’uomo contemporaneo cerca in ogni modo di “fuggire la noia”. La noia oggi si può intendere come senso di vuoto per la quotidianità alienata, per l’assurdo del mondo, dell’esistenza. Facciamo tutti parte di un illimitato ingranaggio di cui ignoriamo il senso. Non abbiamo certezze su qual è il nostro scopo su questa Terra. C’è anche chi sostiene che gli esseri umani si siano creati la noia per dimenticarsi della morte. La noia è qualcosa che fa parte da sempre della vita umana. Non esiste vita senza noia. Quello che è certo è che sprechiamo tempo, perdiamo tempo e ci annoiamo, quasi come fossimo immortali. Ci sono sempre cose, persone, attività che consideriamo noiose. Bisogna sempre trovare qualche cosa sa fare, ma ci annoiano sia non facendo niente che facendo qualcosa. Non c’è niente di peggio di vivere giornate uggiose, come cantava Lucio Battisti. La noia talvolta ci assale, prende il sopravvento. Spesso la noia è fatta di attesa di un momento piacevole. Si contano le ore, persino i minuti che ci separano dai momenti piacevoli. Insomma la noia ci toglie la vita, quella vera. Però se non conoscessimo la noia e il dolore, non potremmo gustarci veramente quei rari istanti di felicità e gioia, non avendo termini di paragone. La poesia, quella autentica, ci ammonisce sempre a riguardo, ricordandoci la nostra precarietà esistenziale, la nostra finitezza, le nostre miserie. Per Baudelaire la noia era uno dei mali peggiori degli uomini e se noi ci autodistruggiamo, compiamo errori, viviamo male è per evadere dalla noia. Perché in fondo le persone bevono troppi alcolici, fumano troppo, si drogano, mangiano troppo? Per evadere dalla noia. La dipendenza fisica e psicologica da certe sostanze è niente di fronte alla noia che si prova quando si smette di assumerle: per un fumatore ad esempio le sigarette sono riempitive della giornate e quando smette i primi mesi gli manca molto il gesto, il rituale, finendo in uno stato di anedonia. Una persona diventa forte interiormente quando sa affrontare e convivere con la noia, quando accetta serenamente che la noia fa parte della vita di tutti, che fa parte dell’antologia di ogni esistenza. La poesia può aiutare a tollerare la noia e per attività poetica intendo sia leggere che scrivere poesia. La poesia infatti talvolta sa essere scoperta e sorpresa. Le rivelazioni della poesia ci fanno intravedere spiragli di eterno, destano in noi stupore e meraviglia. Male che vada anche nei peggiori poeti si trova sempre un minimo di originalità, una nuova sfaccettatura della realtà. La poesia può aiutare perché è allo stesso tempo un modo per affrontare, combattere, sublimare, vincere la noia. La poesia è presa di coscienza della vita, della sua essenza e della sua fenomenologia. Infine un poeta che si rispetti si annoia molto meno del resto dell’umanità perché ha sempre dei versi da scrivere, delle immagini da creare; è sempre teso all’ideazione, alla creazione, alla correzione, alla revisione di un’opera. Prendete il cosiddetto poeta della domenica. Ebbene questo dilettante facitore di versi sa come passare le ore pomeridiane vuote dei giorni festivi. Anche la poesia può annoiare ma di meno rispetto ad altro perché può rigenerare lo spirito. La noia è il Nulla o la sua parvenza. Le evasioni fini a sé stesse della noia sono puro horror vacui. La poesia invece, se l’essere esiste, ne è la manifestazione. Ma la poesia, quella autentica, è anche descrizione della noia, del vuoto esistenziale. La poesia dei grandi autori a conti fatti non è altro che fatta di pieni e vuoti della mente e dell’animo, trattando sia il Nulla che l’essere.
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