10 cose che un poeta dovrebbe evitare
Hemingway sosteneva che metà degli italiani scriveva e l’altra metà non leggeva. Oggi la situazione è quasi la stessa, anzi forse è peggiorata perché spesso chi scrive è il primo a non leggere gli altri. Scrivere versi oggi è difficile. Ancor più scrivere versi decenti, se non proprio antologici o addirittura memorabili. Ma quali sono le più grandi insidie per chi scrive versi? Quali sono le cose da evitare? Cerchiamo di fare un elenco molto semplice:
- La retorica. Ci sono molti aspiranti poeti che dopo una tragedia collettiva, una disgrazia nazionale, un attentato terroristico, un incidente aereo, una guerra si mettono subito a caldo a scrivere versi per trovare facili consensi, like, cuoricini, condivisioni sui social. Ma si dimenticano che speculare sui drammi altrui è un modo aberrante di fare “poesia”. Anzi tutto ciò può sembrare poesia, ma non lo è.
- L’utilizzo del poetichese, degli stilemi abusati e stucchevoli, dei topos ormai antiquati, di un linguaggio arcaico e desueto con cui molti credono di fare poesia.
- Il sentimentalismo. Chiunque sa essere sdolcinato e mieloso. Ma chi sa trattare veramente l’amore evita le romanticherie, oggettivando il proprio stato d’animo amoroso. La vera poesia d’amore è quella a ciglio asciutto, che non istiga alla lacrima facile. Insomma ci vuole un minimo di distacco e di dignità prima di tutto nei confronti di sé stessi e di conseguenza per i sentimenti che si provano. La canzone d’autore è poetica come Rimmel di De Gregori e non con “passerotto non andare via” di Baglioni e neanche con la rima amore e cuore. Vanno evitate la mancanza di distanza e l’eccessivo coinvolgimento emotivo. Perché ci sia vera poesia le lacrime vanno trattenute e il dolore va sublimato.
- L’eccessivo diarismo e autobiografico. È vero che il nostro io è la persona che conosciamo meglio. Ma a ben pochi interessano le nostre tare e il nostro guardarci l’ombelico. Saffo e Leopardi trattavano di loro stessi, ma dal particolare giungevano all’universale.
- L’acapismo. Si può scrivere versi liberi e versicoli, ma mai abusarne eccessivamente. Ci sono critici letterari che guardano anche la metrica. Si può essere dei versoliberisti in alcune poesie, ma in altre sarebbe meglio scrivere haiku, endecasillabi in versi sciolti o in forme chiuse.
- L’epigonismo. Non bisogna imitare, ma bisogna cercare di trovare un nostro stile, che ci rende unici. Però è una cosa molto difficile essere innovativi e originali dopo secoli e secoli di poesia. Si rischia perciò spesso di essere dei manieristi, di scrivere alla maniera di…si rischia di rimanere schiavi di modelli e maestri. È difficile trovare un incedere autonomo.
- L’esibizionismo. Esibire troppo sé stessi, le proprie esperienze, il proprio vissuto, la propria sessualità, il proprio corpo ha ormai perso la carica eversiva e rivoluzionaria di un tempo. Spesso si finisce soltanto nel cattivo gusto e nel patetico.
- L’ossessione che rende monotematici. È vero che ogni autore ha un rovello, ma bisogna cercare di variare, di essere versatili, di rinnovarsi.
- La scarsa consapevolezza esistenziale, poetica, intellettuale, stilistica. Bisogna sapere quel che si fa e quel che si scrive. Non si può scrivere a casaccio. Ogni poesia presuppone una poetica. Per essere poeti al giorno d’oggi ci vuole anche progettualità e intellettualità.
- Il narcisismo che sfocia nella smania di grandezza. Tutti i poeti sono narcisisti perché scrivere è un modo per affermare sé stessi, ma si dovrebbe contenersi, imparare il senso della misura e non sconfinare nella megalomania.
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