21 settembre. Una data che a Salerno è ben fissata sul calendario. Un giorno tatuato nella mente e nel cuore dei salernitani, perché una comunità intera può dare sfoggio al folklore, ad una ritualità gastronomica, all’attaccamento religioso e spirituale ad una precisa figura. Così è anche nello sport. Salerno è una città che vive costantemente di idoli, di divinità, di eroi e di personaggi a cui affidarsi. Il 21 settembre è San Matteo, colui che ha esteriorizzato la voglia di farla sua Salerno, di difenderla, di vegliare sui cittadini, come un genitore che osserva il proprio figlio mentre dorme nella culla.
San Matteo e i salernitani, una storia d’amore millenaria, o meglio un’ossessione. Amore e ossessione sono due termini spesso accomunati, perché l’ossessione è l’estremizzazione di un sentimento verso qualcuno o qualcosa, ed ha connotati in superficie positivi, ma in profondità negativi, perché annulla del tutto la razionalità e l’equilibrio. L’ossessione fa parte di località come Salerno, di quelle prevalentemente del Sud, perché esse cercano emozioni forti, hanno sbalzi d’umore, comportamenti che sembrano quasi assurdi, vivono di sogni ma anche di grande adattabilità alle problematiche.
Altra ossessione è la Salernitana, risaputa per chiunque viva la città. E se il 21 settembre gioca la Salernitana – oltretutto in trasferta – e si festeggia con rigorose tradizioni il patrono come la si mette? Come ci si divide tra due ossessioni?
Impresa ardua, in primis per i 1500 circa tifosi che si sono recati al Mapei Stadium di Reggio Emilia, per cercare di portare a casa i primi punti stagionali in trasferta contro la Reggiana, mentre una città intera si dedica alla processione, agli incontri, ai fuochi, alle passeggiate tra inebrianti odori di aceto. Una giornata non per cuori deboli, bensì per innamorati, per ossessionati.
Un maestro del cinema italiano addirittura ha portato sul grande schermo la sottile linea di confine tra amore e ossessione. Amore è ossessione. Ossessione non è amore. Questo lo fa già dal titolo, Ossessione (1943) appunto, e lo mostra ancor di più attraverso la storia e la costruzione delle scene del film, ruotate attorno a due protagonisti, Giovanna e Gino, che si legano in maniera intensa, immediata, fulminea, inevitabile. Una simbiosi dei corpi, delle anime, del pensiero e dell’attrazione, che scatena un vortice tra legame e sofferenza, così come per ogni salernitano il turbinio di emozioni lo lega alla città, a San Matteo, alla Salernitana.
Quel regista è un certo Luchino Visconti, uno che con questo film anticipa, o meglio per molti storici fa esordire (nella sua opera di esordio, un dato affascinante) la corrente del neorealismo, che per l’Italia rappresenta un vanto nel mondo della cultura. Egli è uno dei massimi esponenti della cinematografia mondiale, autore di capolavori che ne caratterizzano uno stile elegante, avanguardistico, aristocratico e profondamente analitico sulla società e sull’uomo.
Visconti stesso enfatizza nel suo Ossessione, i connotati negativi dell’omonimo sentimento, perché questo porta i personaggi ad andare al di fuori della ragione, a scatenare incidenti, tragedie, a crearsi un destino nefasto, oltre che un rapporto totalmente caotico, che sfocia addirittura in repulsione. Tal volte non ragiona nemmeno la Salernitana, soprattutto nella fase difensiva, in questo primo step di stagione disattenta, negligente, slegata dal centrocampo, anche se in tal caso il pareggio di Reggio Emilia è anche il primo clean sheet per Sepe.
Porta inviolata grazie ad una prestazione più equilibrata nei novanta minuti, ad un centrocampo con più fisicità, ad una condizione fisica più decente di alcuni elementi, ad un avversario abbastanza modesto (al momento), che si crea quelle poche occasioni che ha a causa di errori di impostazione dei campani.
Senza gol subiti, ma anche senza goal fatti, per via degli errori sottoporta di Włodarczyk, di Braaf, di Torregrossa, e di una prestazione superlativa del portiere avversario Bardi. Amarezza e ottimismo, perché se nell’opinione pubblica si pensa che le sconfitte di Bolzano, di Mantova, ed il pareggio in Emilia sono punti persi a causa di proprie negligenze (oltre che per qualche errore arbitrale), allora significa che dentro la mente di tutti ci sia la sensazione che questa squadra abbia potenzialità, e non poche.
La Salernitana ha già avuto i suoi incidenti come Giovanna e Gino, non sono stati fatali perché fanno parte di un percorso più ampio, in itinere. L’ossessione del legame tra la città e la squadra di calcio è rappresentata dalla patch presente sulla manica della divisa da gioco. L’ossessione di Giovanna e Gino è il loro rapporto, che li fortifica e li distrugge. L’ossessione di Martusciello è inserire al più presto ed al meglio chi è funzionale allo spartito tattico. L’ossessione di Petrachi è vedere valorizzati i suoi sforzi. L’ossessione di Iervolino è dileguarsi (anche) finanziariamente il prima possibile. L’ossessione della tifoseria è sognare quello che si è perso l’anno scorso con resa incondizionata.
Miglior attore: Jeff Reine-Adélaïde
Villain: Petar Stojanović
Regia: San Matteo
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