Germania Anno Zero: La recensione di Salernitana – Pisa

Editoriale

Settembre 16, 2024

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Il signore degli Anelli – il ritorno del Re (ext. version) dura di meno dell’evento Salernitana – Pisa. No, non è uno scherzo o una frase demenziale, è semplicemente in termini cinematografici un quadro temporale di una giornata atipica, di una domenica soleggiata ma coi primi venti freddi settembrini allo stadio Arechi di Salerno.

Tutto per colpa della tecnologia. In un mondo dove si è schiavi di internet, del web, dell’elettricità e delle macchine, da alcuni anni nel calcio si è assoggettati al Var. Non che sia di principio un danno, anzi sta portando tantissime evoluzioni positive, rendendo meno influenti durante le partite, ai fini del risultato finale, chiari ed evidenti errori umani. Tuttavia, non mancano le polemiche, sia per quanto riguarda il regolamento delle leghe sull’utilizzo della tecnologia (in rapporto alle decisioni tra arbitro di campo e quello in sala Var), sia per lo svolgimento della partita in caso di problematiche tecniche, che pregiudichino il funzionamento del Var stesso.

Quest’ultimo assunto è quello che è successo all’Arechi, dove in un caos generale di problemi di connessione, di spostamento dell’inizio della partita, di possibile sospensione o addirittura rinvio, di attesa per una postazione in arrivo da Napoli, si è passati da un calcio di inizio alle ore 15:00, ad uno alle ore 17:30. Situazione ai limiti del surreale per addetti ai lavori e tifosi, che va chiarita in sedi istituzionali per comprendere razionalmente come regolarsi in tempi più celeri durante situazioni – eccezionali ma possibili – del genere.

Var protagonista anche in campo, perché il Pisa ottiene un rigore – per un pestone di Verde all’avversario – proprio alla fine del primo tempo, che taglia le gambe alla Salernitana, costretta in questo campionato sempre a rincorrere, e questo è un nodo cruciale, perché quello che alla lunga ti consente di ottenere risultati è l’equilibrio.

Mister Martusciello nella conferenza pre-match ha fatto intendere – seppur ci sia stato tempo di lavorare durante la sosta  – che la rosa è un cantiere aperto in termini tattici, tecnici e fisici, perché “bisogna costruire le fondamenta”. Si sta vivendo la ripartenza della Salernitana,  come nel secondo dopoguerra dopo la disfatta nazista si vive quella della Germania, che soltanto un visionario e coraggioso regista come Roberto Rossellini ha l’ambizione di raffigurare in maniera nuda e cruda, attraverso lo stile documentaristico ma allo stesso tempo elegante della corrente del neorealismo. Il titolo è Germania Anno Zero (1948). Il film fa parte del celebre trittico neorealista dell’autore italiano, insieme all’opera a episodi Paisà (1946) ed all’intramontabile Roma Città Aperta (1945).

La pellicola è ambientata in parte tra le macerie di Berlino (questo per far capire la portata del lavoro di Rossellini, un’impresa professionale epocale), e il restante per le sequenze in interni in Italia. Il neorealismo si identifica spesso attraverso il punto di vista dei più sofferenti, i bambini (v. tra gli altri Ladri di Biciclette di Vittorio De Sica, e gran parte della sua filmografia), quindi il protagonista della pellicola è il piccolo Edmund, che tra problemi familiari, traumi e povertà, è un viaggiatore errante nella Berlino distrutta, divisa, lacerata dall’odio e dagli scontri bellici. Una prospettiva senza via di uscita, futuro, senza momenti felici. Nonostante ciò, “bisogna costruire le fondamenta”, o meglio in tal caso ricostruire.

Edmund ci prova nonostante tutto, viene usato, ingannato, e perde per l’estrema alienazione, per la fragilità emotiva e psicologica, dovuta ad un periodo dove nemmeno il cinema può dare speranza, pur essendo in primis macchina dei sogni. Anzi, il neorealismo non vuole, enfatizza ancor di più la realtà contemporanea, come se fosse un piagnisteo per gli spettatori, come se fosse uno sbattere in faccia dei frame da fissare nella psiche e nella storia della settima arte, per la memoria e per fare in modo che non accada mai più niente di simile.

Viaggia la Salernitana tra le rovine come Edmund, tra il vortice della ricostruzione, tra il caos sistemico della lega B e quello della propria fase difensiva, che subisce ancora reti, ben tre, e che sono fatali perché il risultato è una debacle: 2-3.

Eppure, il primo tempo è entusiasmante, la Salernitana domina col possesso palla e con l’aggressione verso la metacampo avversaria, tipica ormai del volere di Martusciello. Poi il secondo tempo è una preoccupante regressione – anche in virtù di scelte poco chiare dell’allenatore, tradito dalla frenesia di cambiare –: squadra molle, poco incisiva, scarica atleticamente, che si consegna alla negatività come il protagonista del film. Si può essere competitivi, si può ricominciare da questa rosa, ma le fondamenta non sono (ancora) solide. Germania Anno Zero, Salernitana Anno Zero.

 

Miglior attore: Franco Tongya

 

Villain: Andrés Tello

 

Regia: Fibra ottica Stadio Arechi

 

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