L’arte teatrale occidentale alla conquista della Turchia ottomana

Editoriale

Agosto 30, 2024

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Dalla prima esposizione di palazzo all’avvento dei Donizetti a Costantinopoli

La Turchia è una terra dove la multiculturalità si respira ovunque. A Istanbul, in particolare, il folklore autoctono si amalgama, da secoli e  perfettamente, alle influenze folkloristiche provenienti da luoghi lontani. Influenze derivanti da drammaturghi, commediografi, compositori, cantautori, scrittori e pittori, i quali, per spirito d’avventura e attrazione verso il mondo arabo, sbarcarono sulle rive del Bosforo in cerca di loro stessi.

Un mondo ben pubblicizzato dagli antichi monarchi, di quel bellissimo e immenso territorio, da tempo immemore.

Siamo nel 1808.

L’odierna Turchia è il fulcro nevralgico, operativo e militare, del potente Impero Ottomano. Un’istituzione imperiale che desidera aprirsi a nuovi orizzonti, soprattutto artistici. Dopo anni di contrapposizioni diplomatiche, il sultano Mahmud II decide di proseguire con l’apertura culturale verso le correnti espressive di provenienza occidentale. Tale apertura è stata già promulgata dal sovrano Selim III, fautore della prima esposizione di un’opera lirica eseguita da una compagnia occidentale, presso il Palazzo Topkapı di Costantinopoli (1797).

Mahmud II agisce decisamente meglio, non volendo esser da meno rispetto al predecessore. Il Paese vede l’edificazione di numerosi teatri all’avanguardia, anche in stile “europeo“, difatti, proprio sotto la sua guida. Sia in composizione lignea, sia in cemento e pietra. L’impresario Gaetano Mele è stato il primo a costruire nel quartiere “Pera” di Costantinopoli, ad esempio, un “teatro all’italiana” strutturato a “ferro di cavallo“, su personale concessione del sultano.

Il quartiere vedrà sorgere, nei successivi trentuno anni, altri palcoscenici di indubbio valore, tanto da dedicare un intero vialone, denominato Istiklal Avenue (oppure Grand Rue de Péra), alle strutture teatrali dirette, in particolare, da illustri autori stranieri.

Mahmud II, al fine di incentivare l’arrivo di grandi compositori e librettisti, non bada a spese. Decide, sino alla morte, di elargire numerosi permessi e di finanziare, personalmente, la prosecuzione delle attività di diversi palchi blasonati nella città ottomana.

Subentrato il sultano Abdülmecid I, il governo turco continua a finanziare cospicuamente alcuni palcoscenici, come il famoso Teatro Bosco. Parimenti detto Théatre Italienne Naum, esso viene considerato dallo stesso Abdülmecid I il “teatro imperiale” e, sovente, viene patrocinato come tale dallo stesso sovrano. Non a caso, il sultano ha anche provveduto alla sua ricostruzione in mattone grezzo, nel 1849, dopo il devastante incendio che ha causato la distruzione delle vecchie pareti lignee.

Abdülmecid I decide di affidare la direzione del “Naum” al celebre compositore, maestro di musica militare di corte e “Pascià” acquisito Giuseppe Donizetti, il quale elesse Costantinopoli (sin dal suo arrivo, nel 1828) come sua seconda casa.

Ed è proprio Giuseppe a richiamare suo fratello Gaetano, uno dei più celebri operisti della sua epoca, all’esposizione di una delle sue creazioni più conosciute, l’opera in tre atti “Belisario“, nel teatro che dirige con zelo. Il “Belisario” viene messo in scena nel 1841 e sarà la prima opera italiana a essere vista dagli spettatori di Costantinopoli.

E sarà quella che aprirà, definitivamente, le porte della “città di Costantino” alle correnti teatrali occidentali.

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