Solo bagaglio a mano

Editoriale

Agosto 5, 2024

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Feltrinelli
Solo bagaglio a mano

Solo bagaglio a mano

Attenzione alle dimensioni del bagaglio!

Non ricordo bene quando e dove, ma ho letto da qualche parte che se si vive troppo a lungo in un luogo si può diventare ciechi perché si corre il serio rischio di non osservare più nulla. Di non comprendere più ciò che ci circonda. Ciò di cui ci siamo circondati. Dunque, viaggiare è fondamentale per non diventare ciechi.
Ma occorre imparare a viaggiare…

“Sono stato al mio funerale e ho imparato qualcosa sulla vita. Poche cose, ma quando sono tornato al mondo, facendone tesoro, ho campato meglio”. Inizia così lo splendido libro “Solo bagaglio a mano” di Gabriele Romagnoli.

Durante il suo singolare viaggio a Naju, una cittadina a sud della Corea del Sud, Gabriele, chiuso in una cassa di legno, vive un’esperienza bizzarra, un mix tra un rito e un esperimento, virtualmente morto. E ha un po’ di tempo per riflettere sull’importanza del bagaglio da portare con sé. Il bagaglio, un orpello essenziale, in particolare quello a mano, per chi vuole viaggiare bene. Un bagaglio che chiede l’indispensabile, chiede e impone di scegliere e, dunque, “mette in moto una critica del possibile”.
Sappiamo bene che anche i progetti sono

viaggi. Così come i viaggi sono progetti.
Il bagaglio del buon viaggiatore, con il passare del tempo, diventa un modo di essere: occorre “perdere”, “togliere”, per viaggiare ed essere leggeri, portare con sé ciò che serve effettivamente. Il resto è un peso inutile. È spreco, non solo di spazio occupato. È spreco di vita.

Da questa prospettiva, “perdere” può essere una forma di ricchezza, che sollecita l’affrancamento dai bisogni e che non teme la privazione del “senza”.

Difronte all’accumulo smisurato di oggetti, Joseph Heller – autore di “Comma 22” – sa bene che lui possiede qualcosa che chi accumula senza limiti non potrà mai avere: “la consapevolezza di avere abbastanza”.

E noi?

Buon viaggio…

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