Il biopic di Luca Manfredi che celebra l’uomo dietro la maschera di Fantozzi
Lo scorso 30 maggio 2024, in occasione dei 100 anni della radio e dei 70 anni della Rai, è andato in onda su Rai1 in prima serata Come è umano lui!. Biopic sulla figura indimenticabile, e indimenticata, di Paolo Villaggio, colui che ha rivoluzionato la comicità, creando un personaggio che incarna perfettamente l’impiegato italiano medio e la società piccolo-borghese.
Anche per questo film, una coproduzione Rai Fiction e Ocean Productions, la regia porta la firma di Luca Manfredi, ormai avvezzo al genere, avendo già omaggiato il papà nel 2017 con In arte Nino, e Alberto Sordi con Permette? Alberto Sordi nel 2020.
Com’è umano lui!, alla cui stesura della sceneggiatura hanno contribuito anche la moglie e i figli di Villaggio, è diverso dal “solito” film che segue le vicende biografiche dei protagonisti, che tende a dar maggior peso alla veridicità dei fatti, alle emozioni del pubblico.
Luca Manfredi preferisce parlare di un Paolo Villaggio più privato che pubblico, concentrandosi in particolare sul periodo della giovinezza, scegliendo di narrare il contesto in cui è “sbocciato” il genio comico dell’attore genovese.
Il racconto parte dalla metà degli anni Cinquanta, gli anni, un po’ fuoricorso, dell’università e delle scorribande notturne con gli amici di sempre: un ancora sconosciuto Fabrizio de André (Faber) e Piero “Polio” Repetto, professore di greco e latino costretto sulla sedia a rotelle da una grave distrofia muscolare. Di giorno, mentre il Polio lavora come docente, Paolo e Fabrizio dormono e, nel tempo libero, compongono canzoni come Il fannullone e Carlo Martello.
Sono gli anni in cui Paolo si innamora, e fa innamorare di sé per la sua simpatia e capacità di far ridere, la futura moglie Maura, l’unica persona ad averlo sempre incoraggiato e sostenuto. Non si può dire lo stesso dei suoi genitori. Sia il padre (un influente ingegnere della Genova bene) che la madre (un’austera insegnante di tedesco), lo vedevano come un “fannullone perdigiorno”, una “testa di legno”, giudicando come “strampalate” le sue aspirazioni e si aspettavano ben altro futuro per il figlio, costretto a studiare Giurisprudenza per diventare avvocato.
L’inaspettata gravidanza di Maura, fa sì che il padre lo obblighi – tramite agganci – a lavorare per la Cosider, una delle più importanti aziende siderurgiche d’Italia. Sembrerebbe la fine dei sogni artistici del giovane Villaggio, che per mantenere la famiglia da poco costituita, va controvoglia a timbrare il cartellino ogni mattina e a recarsi in un triste, piccolo e grigio ufficio, dove si ritroverà a giocare a battaglia navale con un suo collega.
Probabilmente, tutte queste condizioni avrebbero affossato l’estro creativo di chiunque, ma non di Paolo Villaggio.
Perché è proprio quella breve vita da impiegato a fornirgli l’ispirazione per personaggi che tutti conosciamo e che sono rimasti nella storia: dal ragionier Filini alla signorina Silvani, dal servile Fracchia al ragioniere più famoso (e più sfigato) d’Italia: Ugo Fantozzi. Che deriverebbe da Fantocci, il cognome del ragioniere della Cosider per cui lavorava e il cui accostamento ai pupazzi/impiegati non sembra affatto casuale. Durante la cena aziendale natalizia, chiamato dal superiore a salire sul palco per “far ridere”- alla stregua di un buffone di corte – il discorso di Villaggio sulla loro triste e ipocrita vita, sembra proprio essere precursore di Fantozzi che porge ai suoi superiori “i suoi più servili auguri per un distinto Natale e uno spettabile anno nuovo”.
Solo grazie alle esibizioni alla radio e nel teatrino della compagnia goliardica Baistrocchi, Paolo sembra ritrovare se stesso, arrivando finalmente al punto di svolta: quando si dice trovarsi al posto giusto nel momento giusto!
Paolo viene notato da un giovane Maurizio Costanzo, che lo vede sostituire Jannacci malato in un teatrino genovese. Impressionato dal personaggio del professor Otto von Kranz – uno strampalato prestigiatore tedesco- interpretato da Villaggio. Costanzo lo invita a esibirsi nel suo teatro romano di cabaret 7×8. Supportato da Maura, Paolo lascia “il certo per l’incerto”, per seguire la sua vera vocazione. Ha inizio così una carriera in continua ascesa, che lo porterà a creare personaggi iconici come il professor Kranz – ispirato alla figura della madre, Fantozzi nel programma televisivo Quelli della domenica e Giandomenico Fracchia’ in È domenica, ma senza impegno, nel celeberrimo sketch con Gianni Agus nei panni del Megadirettore Galattico. Il successo televisivo lo guiderà verso la stesura di libri e infine a consacrare la sua fama nel cinema con la serie di film su Fantozzi, diventando una delle maschere più celebri del cinema italiano.
Manfredi regala un ritratto delicato, attraverso una regia sapiente, un messaggio chiaro e un’ottima scelta degli interpreti. Enzo Paci, attore genovese già noto nel panorama televisivo, ha dato al suo Villaggio un’interpretazione più che convincente, senza cadere nell’imitazione. È riuscito a restituire quella comicità velata di tristezza, le luci e ombre di Paolo, combattuto tra il suo sogno, le aspettative della società e della famiglia.
Merita anche il resto del cast, tra cui spiccano sicuramente le interpretazioni di Camilla Semino Favro (Maura), Augusto Zucchi ed Emanuela Grimalda (Ettore e Maria Villaggio).
In conclusione: non è il solito biopic, per celebrare una figura anticonvenzionale come quella di Villaggio. Com’è umano lui ci ricorda l’importanza di credere in se stessi e di avere qualcuno che ci convinca a farlo.
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