“L’affanno prima della quiete” di Salvatore Iemmino Pellegrino

Editoriale

Agosto 5, 2024

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“Sento di avere tanti conti in sospeso che posso chiudere soltanto attraverso la scrittura.”

Regista, scrittore e fotografo emergente, a venti anni scrive la sua prima sceneggiatura per quello che sarebbe stato il suo primo cortometraggio, promosso attraverso un teaser animato, di fatto il suo primo lavoro professionale da regista (2021), a cui è seguito il monologo “Ti ho scritto una lettera” (2022): Nel 2024, realizza il suo primo lavoro cinematografico, “L’affanno prima della quiete”, un cortometraggio drammatico del quale è stato unico regista, sceneggiatore, produttore e montatore.

Il suo esordio artistico abbraccia un’altra forma d’arte, ma che segna il suo imprinting nella veste di creatore di storie. Come ritiene essere mutata la sua scrittura dal 2018 ad oggi?

Sono sicuramente molto meno prolisso e didascalico, due aspetti (soprattutto il secondo) che per diverso tempo sono stati un vero e proprio tormento. Mi è servita tanta pratica per migliorare.

Come riesce il cinema ad assecondare la sua penna?

Con il cinema posso scrivere anche e soprattutto attraverso le immagini, unendo la scrittura vera e propria alla fotografia, altra mia grande passione. Sono due atti intimi per me, per questo non vorrei mai dirigere una sceneggiatura di un altro autore, né lascerei la direzione della fotografia a qualcun altro. È vero anche che essere sia regista che DoP può essere complesso per ragioni pratiche: sul set de “L’affanno prima della quiete” avrei voluto fare tutto da solo, ma in alcuni frangenti sono stato affiancato o sostituito dal mio aiuto regista, Luigi Tomasino. In ogni caso, anche se nel lavoro vengo accompagnato da qualcun altro, sento la necessità di essere parte attiva nella “creazione” della fotografia di una mia opera.

Aggiungo che il cinema, a differenza della letteratura, è un’arte che prescinde dalla parola, nella quale per questo mi riconosco di più e con cui riesco a esprimermi meglio attraverso lunghi silenzi, dove a raccontarti una storia sono soltanto le immagini e i suoni.

L’affanno prima della quiete offre agli spettatori scelte registiche interessanti e funzionali. Al momento della stesura della sceneggiatura aveva già ben chiare le inquadrature o alcune direzioni sono state prese in corso d’opera?

Sì, perlomeno la composizione della parte centrale è stata pensata già in fase di scrittura. Sulle inquadrature dell’incipit e del finale ho avuto tante idee nel corso dell’anno che ha preceduto le riprese, alcune le ho effettivamente realizzate, altre le ho improvvisate al momento. Ho cercato di girare più materiale possibile per avere una scelta più ampia in fase di montaggio.

“La mia arte nasce dalla sofferenza e non mi va più di condividerla”. Quanto c’è di Salvatore Iemmino Pellegrino in questa linea di dialogo?

Molto. Quando ho scritto la sceneggiatura ero senza lavoro e venivo da un pesante fallimento artistico, forse inconsciamente non avevo più voglia di condividere ciò che realizzavo perché credevo non ne valesse più la pena. Tutto ciò si è riflesso nel mio protagonista, un giovane artista che si chiude in casa per anni e scrive delle storie unicamente per sé stesso. Devo dire che anche se siamo qui a discutere di un’opera che sarà presto pubblica, non so fino a che punto si possa parlare di condivisione, io non scrivo per gli altri ma per mia necessità. È per questo che mi “rifugio” nel surrealismo, con cui riesco a raccontare storie in maniera criptica, nelle quali non è mai chiaro cosa provo veramente, né quali caratteristiche dei personaggi appartengono a me e quali no.

Quali sono state le sfide che hanno reso ostica la produzione di questo lavoro?

Il tempo e i soldi. Quando ho scritto la sceneggiatura (ottobre/novembre 2022) non avevo un minimo di attrezzatura adeguata e mi ci è voluto praticamente un anno per rimediarla senza spendere troppo, inoltre la location principale mi era stata concessa subito ma non sarebbe stata più disponibile dopo febbraio di quest’anno. La certezza di poter girare è arrivata solamente il 13 gennaio, dieci giorni prima dell’effettivo inizio delle riprese. Ci ho provato fino alla fine e la perseveranza ha pagato, confesso però che avevo smesso di crederci e mi preparavo all’ennesimo fallimento.

Come ha preparato gli attori ai rispettivi ruoli?

A parte ovviamente le prove in mia presenza, ho voluto che recuperassero alcune opere, non soltanto cinematografiche. Credo che sia compito del regista dare più riferimenti possibili agli attori, andando al di là della sceneggiatura in sé. Ad esempio, ho voluto che leggessero “Sunset Limted”, dramma teatrale di Cormac McCarthy che mi è stato fortemente di ispirazione, una poesia di Eugenio Montejo intitolata “La Terra girò” e il mio libro d’esordio, “Fiume Violento”. Gli ho mostrato delle scene di film che ho cercato di riprendere anche soltanto a livello fotografico (in primis “Hunger”, di Steve McQueen, alcuni lavori di Iñárritu, mio regista preferito, e diversi altri ancora). Infine gli ho fatto ascoltare dei brani di musica classica contemporanea, genere che mi accompagna da tantissimi anni ogni volta che scrivo.

Cos’ha ancora da dire Salvatore Iemmino Pellegrino? Quale storia vorrebbe raccontare?

La mia, anzi, le mie storie. Sento di avere tanti conti in sospeso che posso chiudere soltanto attraverso la scrittura.

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