Un lungo viaggio nel mondo del noto organizzatore di eventi
Siamo in un noto bar del quartiere Prati, a Roma. A un passo dalla Rai, non lontani dall’Auditorium.
Se le dico: Evah Pirazzi Sol, Eudoxa Re, Dominant La e Goldbrokat Mi: cosa le viene in mente?
Le corde degli strumenti ad arco. Sono alla base della struttura stessa dell’universo, perché dalla vibrazione delle stringhe, ossia in sostanza dalla musica – come già sosteneva Pitagora – trae armonia il cosmo intero. In epoca antica, i mastri cordai tra le varie sostanze “segrete” usavano il rosso cinabro – simile al sangue – con cui si appesantivano le corde per liuto barocche, come lo zolfo che serviva per sbiancare le corde e renderle elastiche e sonore e come il sale usato per conservare i budelli, o l’allume impiegato per conciare e rendere più resistenti i cantini. Mi vengono in mente la magia alchemica e stregonesca e ancor più il mescolare ingredienti immondi e vili, come viscere di ovino e feccia di vino, grazie ai quali teneri agnelli, vittime innocenti, miracolosamente rinati, emettono un canto spirituale e dolcissimo.
Giovanni Del Monte si presenta così, risponde a una domanda da rischiatutto sciorinando nozioni e tramutandole in concetti filosofici dai quali affiora l’incontenibile amore per la musica che si concretizza, nel 2008, con la fondazione della HT Classical, la divisione produzioni esecutive di Hospital Trade S.r.l., con la quale svolge la sua attività di diagnostica medica.
Lo fa assieme alla moglie Sandra Cappello, affermando: “L’intento è stato quello di realizzare un’agenzia specializzata nell’ideazione e realizzazione di eventi, concerti e spettacoli, manifestazioni di piazza, eventi sportivi, campagne di comunicazione e attività di raccolta fondi per le organizzazioni non profit. L’organizzazione operativa nasce dalla convinzione che gli ingredienti fondamentali per vincere le sfide del marketing, anche e soprattutto in campo sociale, siano la determinazione, la passione e la creatività, ma anche il sapersi mettere in gioco con rispetto e umiltà.”
Negli anni il team si arricchisce di professionisti e HT Classical diventa un importante punto di riferimento per le organizzazioni non profit che si occupano delle cause sociali più varie: dai grandi temi globali, come pace, sviluppo, diritti umani, cooperazione internazionale, alla ricerca scientifica, dalla prevenzione del disagio alla tutela del patrimonio ambientale, dalla lotta alla disabilità ai progetti per l’infanzia.
Giovanni si infervora quando parla della sua creatura, ne rivendica orgoglioso la paternità.
A questo punto, sorge spontanea una domanda: perché?
Perché impiegare risorse materiali, fisiche e mentali per produrre, tra le altre cose, concerti di musica classica, in una piazza, come quella di Roma, che ha un’offerta musicale già molto ricca e variegata?
Fondamentalmente per il desiderio di proporre musica con la predisposizione mentale, soprattutto da parte degli artisti, spesso superspecializzati, di mettersi al servizio della partitura ossia dell’autore restituendo al pubblico la verità e l’autenticità caratteristiche assolutamente indispensabili per un processo intellettuale e catartico.
C’è sempre qualcosa che ci avvicina al “sublime” nelle sue risposte.
Eppure, se le si chiede sei si sente più un divulgatore che un imprenditore, risponde che quella dell’imprenditore è la figura alla quale si sente più vicino.
Oggi organizzare eventi, spettacoli, concerti e serate musicali a tema impone di possedere requisiti di professionalità, attenzione al particolare, ai dettagli organizzativi e programmatici, oltre ad una grande conoscenza della materia musicale. I nostri concerti sono come dei viaggi in musica. Partiamo sempre da un concetto filologico o da una particolare caratteristica o capacità dell’autore, spesso la sua stessa biografia, e creiamo così la mission, il cuore del messaggio, la storia che un concerto deve contenere. I programmi di sala che realizziamo sono l’autentica dimostrazione di tutto ciò. Contengono infinite informazioni e sono realizzati con una esclusiva cura editoriale, tanto da rappresentare una vera eccellenza per noi e per il gruppo editoriale che ormai collabora con noi da anni.
La produzione musicale non consiste solo nel regolare manopole e premere tasti: è un’arte dalle mille sfaccettature che aiuta a lucidare le idee musicali in composizioni senza tempo. Chi organizza l’evento in genere è una sorta di responsabile di tutti i vari settori, dalla comunicazione, alla logistica, fino alla parte di accounting e gestione del personale. Chi organizza un evento è il referente di tutti i vari dipartimenti, che pensano alla loro parte e fanno capo proprio a un organizzatore, che avrà il compito di gestire le scadenze, dare loro direttive e assicurarsi che tutto fili liscio, durante la preparazione e, soprattutto, durante l’evento in sé.
Tutto ciò si potrebbe riassumere nel fatto che sia assolutamente necessario “vestire” l’evento, affinché ogni aspetto coinvolga e comunichi con il pubblico: dagli allestimenti alle luci, dai contributi video alla grafica, ogni singolo elemento deve essere vincente e allo stesso tempo coerente con l’immagine dello spettacolo.
Organizzazione significa anche gestione del dietro le quinte: logistica, security, backstage, coordinamento del personale, media planning e tanto, tanto altro ancora.
Come concilia questa attività con il suo “lavoro”?
Con grandi sacrifici e nottate passate in bianco a elaborare nuovi contenuti. Un’agenzia di eventi deve saper convogliare tante competenze in molti mesi di intenso lavoro, così che ogni membro del team dia il massimo per quell’unico, specialissimo momento.
Il primo evento che ha organizzato?
Abbiamo organizzato il nostro primo evento musicale nel 2008 partecipando sia come Sponsor sia come parte attiva nell’organizzazione. Era uno splendido MAGNIFICAT di Bach di cui in seguito è stato prodotto un CD estratto dalla registrazione eseguita durante le prove del concerto.
Quello al qual è più legato o le ha dato maggiori soddisfazioni?
Sicuramente una edizione dei Carmina Burana di Orff nel 2018, che si è svolta in un teatro romano con la presenza di circa 800 spettatori e più di 200 artisti sul palco. Davvero epocale!
Quando qualcosa è andato male?
C’è sempre qualche complicazione o imprevisto, ma la cosa che ci fa più male a volte è il non essere premiati da un folto e interessato pubblico.
Quanto è importante l’utilizzo di strumenti barocchi nelle esecuzioni, insomma, quanto le piace essere “filologico”?
Nessuna arte, come la musica, se si esclude la danza, ha la necessità così intransigente di avere un intermediario fra la creazione e la fruizione. Anche il più esperto conoscitore del linguaggio musicale non trarrebbe dalla lettura a tavolino di una partitura se non limitate informazioni sul brano di cui essa costituisce la traccia grafica (ovviamente la difficoltà cresce al crescere della complessità del brano).
Peraltro, è noto che lo stesso compositore ha bisogno di sentire il suo pezzo eseguito per avere un’esperienza completa di ciò che ha scritto e anzi, proprio dopo l’ascolto, può succedere che egli apporti modifiche anche di una certa entità. Ci si potrebbe addirittura chiedere se l’opera d’arte musicale esista in sé stessa anche senza l’esecuzione e quindi senza l’esecutore che la realizzi fisicamente. È vero che anche la letteratura teatrale è affidata agli attori e sicuramente un grande attore, con un’interpretazione efficace, può rendere il testo più penetrante e significativo. Ma chi, eventualmente, legga lo stesso testo in un libro può rendersi conto da sé del significato del testo, seguendo abbastanza dettagliatamente il pensiero dell’autore e lo sviluppo dell’azione drammatica. Cosa, appunto, che non accade con la musica.
Chi si accosta alla musica antica, non mancherà di imbattersi nel fervido dibattito che ha accompagnato, lungo il Novecento, la creazione di nuove prassi esecutive con la tendenza ad aderire il più possibile all’opera originaria, così come era stata composta ed eseguita nella sua epoca. Prassi come l’interpretazione storicamente informata: un approccio che applica gli aspetti stilistici originari della musica antica, utilizzando strumenti musicali d’epoca.
Quindi, i “dettagli” sono fondamentali nell’organizzare un concerto di musica barocca?
Tutto è fondamentale e importante. È qualcosa che non ci dà tregua, perché ogni volta abbiamo sempre il desiderio di fare meglio.
So che sta creando una Fondazione. Ne vuole parlare?
Stiamo creando, in realtà, una Associazione ETS che porta il nome di una nostra amata amica pianista Maria Di Pasquale, scomparsa prematuramente a causa di un tumore celebrale.
L’Associazione proseguirà con dedizione la realizzazione di tanti progetti didattici che aveva iniziato Mari, con un’attenzione particolare ai giovani musicisti e con l’obiettivo di poter fornire gli strumenti necessari per poter acquisire una vera ed esperta capacità di ascolto, in piena libertà. Il primo grande sforzo organizzativo sarà la creazione nel 2025 di un concorso per pianisti a Roma.
A proposito di BACH, il cui MAGNIFICAT è stato oggetto del suo primo evento: se fosse vissuto oggi, cosa avrebbe pensato dell’Intelligenza Artificiale, un uomo che creava 1200 ore di musica all’anno?
Bach eccelleva in una forma di inno polifonico, la cantata corale, studiata da alcuni ricercatori del Mit, è perfetta per essere riprodotta da un algoritmo. “Si comincia con un motivo ben chiaro cantato da una voce soprano, poi si aggiungono, a fare da contrappunto armonico, altre tre linee melodiche: quella del contralto, del tenore del basso”. Un processo che, nella sua forma, sembra fatto apposta per essere tradotto in algoritmo.
Quali sono i suoi programmi per il futuro?
Stiamo preparando uno spettacolo teatrale-concerto scritto da Mario e Daniele Sesti con la mia collaborazione, che verrà messo in scena nel 2025 a Roma.
E quale sarà il titolo?
A proposito di BACH: “A Wither Shade of BACH.”
0 commenti