Fra folclore e gli impervi paesaggi di Rocca, la nuova opera di Antonio Lanzetta
Ci sono luoghi che sanno raccontare le loro storie, che sono vivi come avessero in sé uno spirito che sussurra all’orecchio frasi sconnesse, permeati da un’arcaicità che ci porta ad inchinarci dinanzi ad essi come di fronte a una potente divinità ancestrale che non sappiamo riconoscere eppure percepiamo sotto la superficie della pelle, un corpo estraneo e alieno, ma potente e vivo. Ed è forse da questo profondo e misterioso fascino che la natura sa esercitare sull’animo umano che che da vita ai miti, alle leggende e, sì, anche alle storie che trasformano la natura stessa e i suoi elementi in personaggi veri e propri con una voce. Ciò accade in Luna Rosso Sangue, opera ultima di Antonio Lanzetta. L’autore del salernitano, già noto per valorizzare all’interno dei suoi scritti quel territorio che ben conosce, ancora una volta fa centro approdando a Rocca che diventa il set di questo thriller, fatto di luci e ombre e dove l’apparenza delle cose nasconde segreti che sprofondano in antiche conche segnate dal tempo.
Sono libri, quelli di Lanzetta, che hanno un che di cinematografico. Una scrittura estremamente immersiva che porta a vedere con gli occhi della mente i luoghi e i personaggi che vengono descritti. Si vivono le loro emozioni, ma soprattutto i loro conflitti. Mai cavalieri bianchi senza macchia, hanno quel “buio dentro” che li rende protagonisti di un’ulteriore lotta, invisibile agli altri personaggi, ma solida e tangibile al lettore.
Penna che non delude, Antonio crea una storia capace di tenere il lettore con il naso incollato alle pagine in attesa di quella che sarà la svolta successiva dipanando la trama verso un finale nel quale tutti i nodi verranno al pettine. Ci regala così, non una, ma due storie che viaggiano in parallelo su due linee che sembrano non volersi incontrare, ma che allo stesso tempo sembrano essere estremamente legate l’una all’altra.
Per Luna Rosso Sangue, sembra che lei abbia deciso di scegliere un protagonista la cui oscurità è ancora più evidente dei personaggi creati in passato. Pietro, così come suo fratello, è a tutti gli effetti parte della criminalità di Rocca, ma non si può negare che abbia in sé una serie di principi morali. Si tratta dunque di un criminale, sì, ma certamente non può essere definito come una “cattiva persona”. In generale, in quest’opera, più che nelle precedenti, si percepisce quanto i confini di ombra e luce all’interno dei personaggi siano labili. C’è luce nell’oscurità e oscurità all’interno della luce. E a volte è più profonda di quanto immaginiamo. Può raccontarci la sua visione di questa dicotomia, nello specifico, in relazione al romanzo?
Credo che da sempre, il bene e il male combattano e che gli esseri umani si muovano in bilico su un confine labile tra queste due forze e volevo scrivere un romanzo che ne mostrasse nel concreto gli effetti sulle persone. Luna rosso sangue è un libro che ruota proprio intorno ai personaggi, alle dinamiche di crescita, all’utilizzo della metafora e della finzione per raccontare come le persone sanno cadere e rialzarsi.
Nei suoi romanzi il paesaggio svolge sempre un ruolo fondamentale. La natura e i suoi elementi sono sempre vivi e in grado di comunicare con i personaggi e il lettore. Il selvaggio esteriore, comunica e appare come manifestazione fisica di quell’ES freudiano che lasciato a sé stesso può diventare incontrollabile e lo vediamo bene in quei caratteri che in punti specifici della trama rasentano la follia. Cosa può dire in merito?
La descrizione del paesaggio serve a dare una vera e propria connotazione al romanzo. Non sono mai stato nel Maine o nel Midwest degli Stati Uniti, eppure leggendo letteratura americana è come se avessi visitato davvero quei luoghi. È una delle cose più belle della lettura: offrire un biglietto di sola andata alle persone verso mete che non si possono raggiungere fisicamente. Amo i racconti dell’autore gotico Algernon Blackwood, dove l’ambiente emerge come una vera e propria entità aggiunti. In particolare, la novella I Salici ha ispirato molto la mia scrittura, e se non l’avete ancora letta, ve la consiglio.
Un altro elemento che spicca all’interno dei suoi scritti è quello folcloristico. Miti e leggende sono parte integrante delle sue storie. Senza cadere nello spoiler, può raccontare il processo di ricerca che comporta l’inserimento di questi elementi.
La ricerca di elementi storici e folcloristici su cui creare fiction è una delle cose più divertenti che ho fatto, mentre scrivevo. Non c’è niente di più affascinante dell’antropologia: le conoscenze a nostra disposizione non sono sufficienti e sarebbe bello trovare risposte a domande che spieghino il comportamento dell’uomo nei secoli. Perché ergeva determinate strutture? Cosa lo spingeva a compiere certe azioni? È il fascino dell’ignoto. Per certi aspetti, poi, credo di aver provato sempre a creare risvolti originali alle mie storie. Il thriller in sé come macro-genere letterario è ormai morto, le storie sono tutte uguali e ricalcano precisi stereotipi, quindi ho provato a sperimentare…
Data la vitalità dei luoghi descritti, le è mai capitato che uno dei suoi lettori si sia recato nei suoi paesaggi alla ricerca di quelle sensazioni provate all’interno del romanzo?
Sempre. Cerco di ispirarmi visitando i luoghi. Credo fermamente nell’idea che un autore debba scrivere di ciò che sa.
Quale è stata la parte più complessa della stesura di quest’opera?
Scrivere per me non è mai facile, quindi direi tutto! Cerco di essere il più onesto possibile, di scrivere i progetti che mi piacciono e non per seguire un particolare trend. Non sono un autore a tempo pieno, quindi per lavorare ai romanzi devo sottrarre tempo al resto della vita.
In Luna Rosso Sangue, come in altre opere precedenti vi è questa doppia linea temporale fra il presente e il passato. Un protagonista ragazzino che si confronta, anche se non direttamente, con il se stesso adulto. Se l’infanzia con i suoi traumi forgia l’adulto che diventiamo, può dalla prospettiva opposta, l’adulto curare il bambino interiore? Dai suoi libri sembra comunque che le cicatrici siano impossibili da rimarginare completamente.
Ho una visione molto pessimista al riguardo. Credo sia impossibile tornare indietro e che le esperienze vissute nell’infanzia lascino cicatrici indelebili. Per questo, in effetti, esiste la psicoterapia…
Lo scorso giugno ha partecipato al Sang Pour Sang Polar Festival. Faccio appello a questa occasione per ricordare che i suoi libri sono particolarmente apprezzati in Francia, dove è stato definito come lo Stephen King italiano. Perché la Francia? Com’è il pubblico francese rispetto a quello italiano o di altri paesi?
Ringrazio la Francia e il mio editore per avermi dato l’opportunità di essere letto all’estero. Fosse per me, vorrei girare il mondo con i miei libri, ma è una cosa molto difficile, soprattutto per un autore italiano e, soprattutto, per uno come me che non gode di una popolarità mainstream. All’estero, come in Italia, è un lavoro di trincea, dove speri di crescere lentamente, con la gavetta, e di aumentare il bacino dei tuoi lettori. In Italia purtroppo si legge poco, mentre invece in nazioni come la Francia o Germania il libro è un fondamento della vita. Spero un giorno di riuscire quindi a essere tradotto anche in altre lingue. Vediamo che succede…
- La via Appia diventa patrimonio mondiale UNESCO
- Fabulous Disaster e il nuovo singolo: Hungry for Life
- Luna Rosso Sangue, quando il thriller sfiora nell’incoscio
- Bloodcrown – Sound of Flesh And Bone
- “L’affanno prima della quiete” di Salvatore Iemmino Pellegrino
0 commenti