Le Chine di Ninì

Editoriale

Luglio 5, 2024

L’amore di un uomo per l’inchiostro che fa battere il cuore

Ninì aveva un gran cuore, ed era un gran sognatore per essere un ingegnere. Ninì aveva un gran cuore, che sarebbe diventato, a un certo punto, davvero troppo grande anche per lui…

Il suo cuore batteva molto spesso, ma batteva davvero solo per pochi e per poche cose.

Negli anni ’60 e ‘70 un ingegnere, per poter disegnare, era costretto a doversi sporcare le mani con matita e inchiostro di china sul su tavolo da disegno, ma erano ben altre le chine che facevano davvero emozionare Ninì: quei bei disegni che venivano trasformati su carta stampata, talvolta patinata, in fumetti. Che fossero su riviste del livello di Linus, Eureka, Comic Art, l’Eternauta o albi a fumetti, oppure pubblicazioni amatoriali di intere cronologie.

Fumetto, si, ma non di tutti i tipi: Ninì si entusiasmava principalmente per il fumetto storico-avventuroso e, in particolar modo, per quello satirico. Quando tornava a casa, salendo a piedi lungo la strada ancora sterrata che conduceva al nuovo quartiere in via di costruzione della sua città, passava prima dal giornalaio per vedere se fosse uscito qualche ultimo albo di suo interesse. Diversamente, avrebbe speso solo 100 lire per una copia de Il Mattino, arrotolandolo in una mano, per continuare la salita verso casa.

La vita può metterci sempre dinanzi un’irta china da dover risalire, ma le chine scelte da Ninì erano di quel tipo che la vita provavano ad alleggerirla e farla scalare più agevolmente, rendendola più piacevole, ed era molto geloso delle sue chine, come tutti i veri innamorati.

Tra le chine più amate da Ninì c’erano quelle di Al Capp, al secolo Alfred Gerald Caplin, autore del fumetto a strisce dal titolo Li’l Abner.

Abner, “il piccolo”, Yokum è l’archetipo del bifolco rozzo americano, in gergo “hillbilly”, dell’incantato ragazzone di montagna, lontano mille miglia dalla agiata e sofisticata vita di città degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. La prima apparizione della famiglia Yokum, poi via via di tutti i personaggi che abitano Dogpatch, un villaggio genericamente ubicato in una vallata, tra colline e picchi montuosi dell’entroterra americano tra l’Arkansas e il Tennessee, si colloca il 13 agosto 1934; si tratta della prima daily strip, distribuita sui principali quotidiani USA dallo United Features Syndicate.

Al Capp amava iniziare i suoi racconti o le sue interviste con la frase “Immaginiamo se…”

Immaginiamo se esistesse un singolo giorno all’anno in cui ogni scapolo, catturato da una donna prima del tramonto, fosse tenuto a sposarla.

Al Capp ci presenta l’idea di questa tradizione della cittadina di Dogpatch, che narra la leggenda di Sadie, scialba e bruttina figlia unigenita del possidente Hekzebiah Hawkins, la quale viene a trovarsi ancora nubile, dopo aver di gran lunga superato quella che era all’epoca considerata l’età da marito. Per risolvere l’impasse, Hekzebiah pianifica un brillante escamotage: organizza una gara in cui tutti gli scapoli della città sarebbero partiti in una corsa con un dato vantaggio temporale, al che Sadie si sarebbe a sua volta messa a rincorrerli. Il primo che fosse stato preso da lei entro il tramonto, sarebbe divenuto suo sposo. Sadie, così, riesce finalmente a sposarsi, rendendo questo evento annuale e aperto, durante un giorno di novembre, a tutti gli uomini e le donne single della propria cittadina.

L’idea fu letteralmente un successo strepitoso, che andò al di là del mero interesse dei lettori della strip, entrando nelle abitudini e nel folklore dei giovani studenti americani: numerose università iniziarono ad organizzare gare di corsa in cui i ragazzi si travestivano da Li’l Abner e le ragazze dovevano rincorrerli per acchiapparli; se un ragazzo veniva preso, avrebbe dovuto accompagnare la vincitrice al Ballo di Sadie Hawkins. In poco tempo, il fenomeno si estese a quasi tutte le università americane, diventando una vera e propria tradizione studentesca.

Per dare un’idea di quella che era all’epoca la portata di questo evento, si consideri che nel 1939, ad esempio, il Sadie Hawkins Day si teneva in ben 201 college, presso 188 città americane, a soli due anni dall’inizio di questa originalissima trovata. In tempi recenti, questa tradizione è stata ripresa anche in un episodio del telefilm americano Glee, dal titolo Sadie Hawkins, del gennaio 2013.

Ma torniamo agli anni ’60 e alle edicole, quelle che amava guardare Ninì.

Ninì era un ragazzo innamorato: era innamorato della vita, della gioia. Si sarà sicuramente innamorato anche la prima volta in cui aveva notato in edicola quella copertina verde scuro con il titolo in bianco lungo il lato superiore: chi era quel bimbo seduto con lo sguardo vagamente smarrito, ma al contempo rassicurante e che stringeva una coperta vicino alla guancia sinistra, mentre si succhiava il pollice della mano destra? “Cos’è linus?”, si sarà detto Ninì, sfogliando le pagine dietro quella copertina verde. È il 10 novembre 1966 e, sul numero 20 della rivista Linus, Ninì legge il suo primo episodio del Sadie Hawkins Day: ne resta folgorato, affascinato e conquistato!

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