Su poesia e canzone

Editoriale

Giugno 4, 2024

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I nuovi modi di essere dei poeti italiani

Ogni ibridazione può essere arricchimento. In questo senso la canzone è la più antica ibridazione artistica, essendo unione di poesia (vera o presunta) e musica. Di solito nella musica leggera oggi conta molto di più l’aspetto musicale rispetto alla cura del testo. Esiste una vexata quaestio: la canzone d’autore, il rock, l’hip hop, l’indie e il rap possono essere considerati poesia? Bob Dylan ha scritto una lettera quando ha vinto il Nobel e in quelle righe candidamente ha ammesso: “Non ho mai avuto il tempo di chiedere a me stesso, Le mie canzoni sono letteratura?. Cerchiamo di analizzare in sintesi la letterarietà della canzone d’autore. Mario Luzi sosteneva che solo alcune canzoni possono essere poetiche ma non poesia, però riconosceva De André come un grande chansonnier. Ma anche qui esiste il cosiddetto conflitto delle interpretazioni, poiché Sanguineti pensava che De André fosse certamente un poeta, ma mediocre. Non sappiamo cosa accadrà in futuro. Non sappiamo se avranno la meglio la maggioranza degli italiani che considera poeti i cantautori e i rapper oppure gli italianisti di oggi che hanno molte riserve a proposito. Insomma nessuno saprà chi farà il canone in poesia, come usano dire i critici. Un primo passo è senza ombra di dubbio l’inserimento in antologie scolastiche di scuola media inferiore dei testi di alcuni cantautori nostrani. I cantautori e i rapper sono più avvantaggiati dei poeti ufficiali perché la fruizione della musica leggera è di gran lunga maggiore della poesia contemporanea, che solo nei casi migliori è un fenomeno di nicchia. Per natura o cultura, più prosaicamente per sociologia, la musica leggera emoziona e riesce a trasmettere messaggi molto di più della poesia contemporanea. La musica è socialità. Di conseguenza le canzoni, a torto o ragione, vengono ritenute poesia popolare. La poesia, per tradizione, è più intima, più solitaria. È vero che oggi esiste un gruppo trasversale di poeti performer, che recitano i loro componimenti negli slam poetry, alle presentazioni dei loro libri o nei festival di poesia, ma per secoli si è letto poesia nel chiuso delle stanze; per secoli la poesia è stata momento di raccoglimento interiore.

C’è chi ritiene che la musica abbia maggior presa della poesia perché ognuno di noi nella vita intrauterina ascolta continuamente il cuore della madre. C’è chi parla di un vero e proprio istinto musicale, mentre la poesia ha bisogno di acculturamento e conoscenza della tradizione: si veda a riguardo il libro di Philip Ball, The Music Instinct. How music works and why we can’t do without it (London, The Bodley Head, 2010). In Italia, a ogni modo, le parole in versi non bastano per avere riconoscibilità e approvazione sociale, ma devono essere accompagnate dalle note musicali. L’argomento è divisivo e controverso. La maggioranza degli italiani ha una percezione errata della poesia e la identifica con il sentimentalismo e le romanticherie, senza aver letto poesia contemporanea e avendo solo delle reminiscenze scolastiche molto vaghe. Purtroppo gran parte degli italiani considerano poesia d’amore in musica “Questo piccolo grande amore” di Baglioni (peraltro grande cantautore) e non “Rimmel”, “Pezzi di vetro”, “Renoir” di De Gregori. Allo stesso tempo italianisti e poeti riconosciuti talvolta mostrano snobismo ed elitarismo. È vero che spesso la musica leggera è fatta di canzonette, che sono monotematiche e trattano quasi esclusivamente d’amore. Ma esistono anche testi di canzoni che hanno dignità letteraria. In questi casi alcuni critici letterari dicono che, se vengono letti i testi delle canzoni, non reggono, non hanno eufonia. Quindi se la canzone d’autore non è poesia è per motivi prettamente formali e tecnici.

Le poesie hanno una loro metrica. Anche le canzoni hanno la loro metrica, ma poesia e canzone hanno due metriche differenti con regole diverse, per l’appunto. La poesia è un insieme di parole che ha un’alchimia composta da suono e senso, senza scomodare i formalisti. Il ritmo di una poesia è dato da rime, assonanze, consonanze, allitterazioni, onomatopee, posizioni degli accenti tonici, chiasmi, anacoluti, anafore, enjambement. Una poesia si caratterizza per la musicalità della parola, mentre un testo di canzone non ne ha bisogno perché è accompagnato da una melodia. Insomma questione di forma e tecnica! Inoltre le poesie di solito hanno maggiore ricchezza e accuratezza lessicale. Ho letto comunque quasi tutti i testi dei più grandi cantautori italiani e stranieri. Per quel che mi riguarda ho trovato autentici sprazzi di poesia e tracce di lirismo nei loro testi. È bene intendersi: il compianto scrittore e traduttore Sergio Claudio Perroni ripeteva che in una raccolta di un poeta o una poetessa riconosciuta spesso si trovano solo 5-10 componimenti veramente memorabili. Insomma come disse in un’intervista Andrea Zanzotto è molto difficile trovare il “ramo d’oro” in poesia e centrare il bersaglio, perché di solito per l’eterogenesi dei fini si cerca d’esprimere qualcosa e si finisce per esprimere tutt’altro. Figuriamoci quindi quanto è difficile trovare poesia nelle canzoni!

Comunque anche il grande poeta Maurizio Cucchi ad esempio ha valutato positivamente il cantautore Piero Ciampi perché sapeva trattare le zone morte della memoria e della percezione e perché aveva descritto in modo originale la sua Livorno. Piero Ciampi scriveva: “La vita è una cosa che prende, porta, spedisce” e “io tra miliardi di sguardi che si inseguono in Terra ho scelto proprio il tuo”. Ascoltate attentamente “Il Natale è il 24” oppure “Va” o “Tu no”. Come non chiamarlo poeta?

A proposito di frammenti poetici disseminati nella canzone d’autore come non ricordare Ivano Fossati, che scrive: “Sei tu la donna che ha lottato tanto perché il brillare naturale dei suoi occhi non lo scambiassero per pianto”? Tra gli autori di canzoni può essere anche annoverato Roberto Roversi, che fondò la rivista “Officina” con Pasolini e che collaborò 7 anni con Lucio Dalla, anche se il suo vero lavoro era dirigere una libreria a Bologna. Claudio Lolli è considerato da diversi letterati un poeta prestato alla canzone per aver cantato la sua generazione, quella del ‘77, l’incomunicabilità, l’alienazione, le malinconie cittadine, il disagio sociale. Il grande critico letterario Ezio Raimondi sosteneva che nelle canzoni di Guccini fosse sempre presente l’etica e l’impegno politico. Umberto Eco sosteneva che Guccini fosse un raffinato intellettuale e il più colto dei cantautori. Oggi di nuovi Guccini non se ne vedono nel panorama musicale. Non esistono o sono i discografici che non li vogliono più?

Se è vero comunque che attualmente la canzone di protesta non esiste più come un tempo e il cantautorato delle giovani leve non è più impegnato come quello degli anni ‘70, è altrettanto vero che non esiste neanche più la poesia civile di Pasolini e Fortini: insomma non è una degenerazione o un’involuzione del talento, ma semplicemente sono cambiati i tempi (e su questo se ne potrebbe discutere per ore).

Ma ritorniamo alla nostra questione. Gaber è stato una bussola per almeno due generazioni. Quando è morto tutte le più grandi personalità della cultura e della politica di tutti gli schieramenti gli hanno reso omaggio. La stessa identica cosa è avvenuta per il maestro Franco Battiato. Proprio il cantautore siciliano nel finale di “Beta” dall’album “Pollution” cantava:

“Dentro di me vivono la mia identica vita
dei microrganismi che non sanno
di appartenere al mio corpo…
Io a quale corpo appartengo?”

Non è poesia questa?

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