Il primo Festival salernitano dedicato esclusivamente al cortometraggio chiama a sé i cineasti
Sono aperte le iscrizioni alla XV edizione del Festival “Salerno in CORTOcircuito – Sguardi sulla società”, il Festival salernitano del cortometraggio e del documentario organizzato dalla Rete dei Giovani per Salerno, nei giorni 4-5-6 ottobre 2024 dalle ore 20 presso gli spazi del Teatro Nuovo di Salerno.
La premiazione vedrà impegnata la giuria popolare composta da tutti gli spettatori presenti durante la proiezione per assegnare il Premio “Elvira Notari”.
Ogni lavoro sarà giudicato anche da una giuria tecnica di esperti che assegnerà altri cinque riconoscimenti: il Premio miglior cortometraggio, il Premio Miglior Documentario, il Premio Miglior Recitazione, il Premio per il Miglior Lavoro audiovisivo nelle scuole, la Miglior Colonna Sonora, la Migliore Fotografia tra tutti i lavori presentati durante l’edizione del Festival.
Con il Premio delle Arti – Vitruvio Entertainment, sarà scelto il lavoro audiovisivo più in linea con l’idea di confluenza delle arti. Il Premio “Marta Naddei”, assegnato da una giuria di giornalisti salernitani al lavoro audiovisivo che più degli altri lavori in gara sa raccontare e trasmettere i messaggi sociali. Per la sezione Documentari in concorso, il Premio al miglior documentario è intitolato al regista, produttore e documentarista salernitano Aurelio Laino, scomparso nel Dicembre 2020. Il giudizio terrà conto anche del voto della giuria popolare.
L’Associazione Ecstra, infine, sceglierà il miglior lavoro audiovisivo per la promozione turistica di un territorio.
A parlarcene è Pietro Ammaturo, critico cinematografico, cultore della materia in Analisi del testo filmico e Sociologia dei processi culturali presso l’Università di Salerno,
Come è nata l’idea del festival Salerno in CORTOcircuito?
Il festival nasce nel 2010, grazie a Gianluca De Martino, già coordinatore del progetto associativo “Rete dei Giovani per Salerno” e che immaginò per la città di Salerno un festival dedicato al linguaggio audiovisivo del cortometraggio, nello specifico dedicato alla sfera sociale e alle opere indipendenti. Il nome del Festival “Salerno in CORTOcircuito”, indica da un lato il tentativo di dare una scossa culturale alla città dall’altro di indirizzare la molteplicità degli sguardi sulla società in cui viviamo e sugli altri contesti sociali apparentemente lontani dai nostri: ecco perché il sottotitolo “Sguardi sulla società”. Sin dalla prima edizione il Festival si è fregiato l’onore di ospitare alcuni lavori di grande contenuto socioculturale e di qualità tecnica: il vincitore della prima edizione, ad esempio, fu Sydney Sibilia.
Quanto è importante divulgare l’arte del cinema indipendente?
In un’epoca come quella che stiamo vivendo, sommersi dall’audiovisivo social, è fondamentale. Le grandi major e le grandi società di servizi streaming puntano sempre sul cinema come arma di impatto visivo, troppo spesso sacrificando la storia per ciò che si vede, tramite gli effetti speciali e l’ormai dilagante intelligenza artificiale. Le opere indipendenti, proprio perché così potenti ed evocative hanno da sempre avuto la grande capacità di raccontare quello che non è mainstream, annusando in anticipo le maree di idee e movimenti che la società stava lentamente gemmando. È sempre successo nella storia del cinema che le tendenze indipendenti diventassero veicolo di problematicità silenziose ma, parallelamente, urgenti. E le tematiche sociali sono sicuramente terreno fertile per i cineasti che sentono l’urgenza di urlare, visivamente, la loro visione della società.
Quali sono gli elementi che rendono un cortometraggio interessante per la giuria?
Il cortometraggio è un’opera molto complessa. Più del lungometraggio. Deve avere quelle caratteristiche imprescindibili che reputo fondamentali: seguire una certa capacità narrativa e di scrittura, una fotografia degna di nota e degli attori coinvolgenti. Oltremodo lo sguardo si rivolge alla grammatica del cinema: un film con un montaggio o un movimento di macchina sbagliato, perde subito di credibilità e perde la sua missione di comunicabilità. Su tutti ovviamente, trattandosi di un concorso che segue delle tematiche specifiche, si cerca anche di valutare il “messaggio” che il lavoro intende veicolare.
Come è nata la sua collaborazione con il festival?
Mi occupo di critica cinematografica da molto tempo, sia scrivendo che insegnandola nelle università e da diversi anni seguo alcuni festival come giurato. Due anni fa ho avuto la fortuna di reincontrare Gianluca De Martino che mi ha chiesto di entrare nella giuria tecnica. Ho accettato subito per due motivi. Il primo: il gruppo del festival Cortocircuito è favoloso, fatto da persone appassionate, serie e preparate. Mi sono sentito subito accolto come in una grande famiglia. Secondo: credo che questo festival offra una modalità partecipativa sostanzialmente unica. Come da regolamento, oltre alla giuria tecnica e oltre alla giuria popolare, i registi che inviano la loro opera devono essere presenti alla proiezione del film. Questo è fondamentale: il dibattito, la possibilità di rivolgere domande a chi ha diretto o interpretato o musicato il film diventa un motore di valutazione e comprensione aggiuntivo unico nel suo genere. Credo che l’unire questo senso di comunità e dibattito con la possibilità di fare cultura e sociale attraverso il cinema sia una meccanica vincente.
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