Lo spettacolo deve continuare

Editoriale

Giugno 4, 2024

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Quando Eduardo decise di concedersi allo spettacolo sino all’ultima replica

Facciamo un piccolo passo indietro nel tempo, ritornando al 1975. Il due marzo, al “Teatro Eliseo” di Roma, Eduardo De Filippo mette in scena “Gli esami non finiscono mai”: è una delle opere più attese della stagione ed Eduardo, in virtù della sua sempiterna maniacalità, la prepara minuziosamente. Il genio partenopeo ambiva, come tutti sanno, sempre alla piena soddisfazione del pubblico e della critica.

Non è l’ennesima commedia, ma un vero testamento artistico. Ultima opera inedita del grande commediografo, concepita nel 1972 e battezzata presso il “Teatro della Pergola” di Firenze, narra dell’inesorabile trascorrere del tempo, delle costanti vicissitudini della vita, degli infiniti esami che l’esistenza pone agli individui. Dagli esami universitari a quelli sentimentali (come l’accettazione, da parte della famiglia della propria amata, del protagonista Guglielmo Speranza), dagli altri esami interiori (come la valutazione della grande amicizia, nei momenti più difficili, esistente tra il protagonista e Furio La Spina) a quelli esteriori, superficiali, come l’implacabile giudizio degli estranei.

Esami che terminano, puntualmente, soltanto con la perdita della gioventù, della voglia di vivere, della spensieratezza.

La scenografia è pronta, le luci sono corrusche, il pubblico dell’Eliseo attende intrepido: inizia lo spettacolo. Durante la recitazione di una scena, però, qualcosa va storto. Il maestro, che recita nel ruolo del protagonista, accusa un malore mentre il resto della compagnia continua a recitare, anche se interdetta dall’imprevisto. De Filippo si accascia senza forze, viene sorretto da alcuni colleghi, la preoccupazione inizia a esser tanta e lo spettacolo viene, brevemente, interrotto. Eduardo rassicura, immediatamente, tutti i membri della compagnia da risoluto, navigato capocomico.

E decide di concedersi un momento personale nello sceneggiato, rivolgendo delle sentite scuse al pubblico pagante, sino a quando non è costretto a ritirarsi dietro le quinte.

Gli spettatori e le spettatrici presenti, per tutta risposta, gli tributano un breve ma intenso applauso d’incoraggiamento. Saranno la motivazione principale del grande ritorno del brillante commediografo. Il capocomico verrà trasportato d’urgenza in ospedale, successivamente, ove si scoprirà che il malore corrisponde a un’insufficienza cardiaca. Il problema cardiaco risulterà di un’entità tale da costringere il genio teatrale all’impianto di un pacemaker.

La convalescenza lo estromette dal palinsesto fino al ventitré marzo: ma il ventiquattro, dopo tre settimane di riposo, torna sul palco dell’Eliseo. Riceve una commovente standing ovation, non appena calca la scena.

Eduardo non riesce a vivere, assolutamente, senza calcare il palco e l’adorazione, la vocazione verso il teatro vanno oltre il malessere fisico.

Eduardo assume, inoltre, una meravigliosa abitudine sin dal primissimo ritorno: quella di leggere, prima di ogni chiusura del sipario, gli innumerevoli messaggi affettuosi del pubblico. Di quello stesso pubblico che, appena tre settimane prima, aveva temuto seriamente per la sua vita.

Il decorso post-operatorio non gli impedirà di concludere la stagione e di ripetere la messa in scena dell’opera, girando i palchi del Paese durante le successive due stagioni di repliche. E non gli impedirà di trasmettere, al Belpaese e non solo, l’energica passione profusa nell’arte del palcoscenico, fino alla fine della propria esistenza.

Perché, in fin dei conti, lo spettacolo deve continuare.

Proprio come il maestro napoletano ha cercato di spiegare agli ascoltatori, oramai emozionato, anziano, nel suo ultimo discorso a Taormina.

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