Adamo: nelle vene di Vlad il vampiro scorre il sangue del rock

Editoriale

Maggio 31, 2024

Categorie

Tag

Il cantante sta trionfando con i musical ma è legato a gruppi come Pink Floyd e Deep Purple

Ha mosso i primo passi come frontman di una rock band, poi si è focalizzato sulla carriera solista e ora sta raccogliendo i frutti di una lunga gavetta con il grande successo del musical Vlad-Dracula. Stiamo parlando del salernitano Giorgio Adamo, cantante e attore, che si sta togliendo grandi soddisfazioni sui palchi italiani ed è pronto per un’avventura discografica.

Sta girando l’Italia con Vlad, Come si trova nel ruolo dell’Impalatore? Che tipo di musical la gente deve aspettarsi?

Vlad Dracula è un musical innovativo, con una scrittura totalmente rivisitata della figura dell’Impalatore . Ho trovato il ruolo molto complesso da interpretare, perché ha una linea drammaturgica molto sottile e non ha i riferimenti classici della letteratura vampiresca a cui appigliarsi. Ho dovuto trovare altri spunti attoriali per riportare la giusta altalena emotiva al personaggio. Di me stesso porto il tormento che mi contraddistingue da sempre, per il resto mi sono aggrappato alla ghigliottina del tempo che attanaglia la nostra contemporaneità, fulcro del copione, e all’amore senza eguali per cui lotta il personaggio, facendolo oscillare tra il bene e il male. Il pubblico ha apprezzato tanto la mia interpretazione e quella dei miei colleghi, oltre all’intera messinscena fortemente voluta da Ario Avecone, altro conterraneo che con questo spettacolo ha saputo fare rumore a livello nazionale e non solo.

Nello spettacolo ci sono pezzi anche molto elettrici, a quali si sente più legato e canta con maggiore passione?

Ci sono tanti dialoghi che amo affrontare in quest’opera e che mi fanno sentire appieno nel personaggio e nella sua missione.  Amo tutti i brani, ma mi sento particolarmente coinvolto emotivamente nella dolce e struggente “La sola immagine”, pezzo che chiude il primo atto, scritto da Simone Martino che ha dato il suo contributo autoriale ad Ario Avecone e a Manuela Scotto Pagliara.

Jesus Christ Superstar, Queen, Siddharta: quali questi musical le è entrato davvero nella pelle?

Ho avuto tante esperienze meravigliose, ma il sodalizio con Massimo Romeo Piparo e il Teatro Sistina mi ha dato l’opportunità di cimentarmi in titoli cult intramontabili, che raccordavano la mia passione per il rock e la scoperta del teatro. Interpretare Galileo in WWRY dei Queen, nella versione originale in Olanda, affiancando una star come Anastacia, è stata un’impresa da brividi, ma su tutti svetta il Jesus Christ Superstar. Ricoprire i ruoli di Simon Zealotes e Judas nei tour europei, accanto al grande Ted Neeley, è stato per me il tassello più importante della mia carriera. L’ultima replica di Madrid 2019, nei panni di Judas, è ancora qui che vibra, sotto la mia pelle.

Come diceva, ha collaborato con Anastacia, Ayane, Angunn e tanti altri. Chi ha lasciato un segno nel suo cammino?

Nel tempo le collaborazioni sono state tante.  Anastacia è una star e c’è stata tanta stima reciproca, nel ruolo di Killer Queen era strepitosa. È stato bello affiancare Malika Ayane in Cats e la porto nel cuore.  Dal JCS porto con me il sorriso sempre presente di Anggun, l’amicizia nata con Frankie Hi-NRG mc, la dolcezza e professionalità di Lorenzo Licitra; ma un segno speciale ribadisco che è stato lasciato dall’immenso Ted. Per me è sempre stato un mito e il giorno in cui è entrato in sala prove nel mio primo giorno, ricordo di essere scoppiato in lacrime dall’emozione, stringendomi con i miei colleghi tra le sue braccia.

Quando e come è nata la passione per le sette note?

Galeotto fu lo scatolone di Gran Turchese ricolmo di cassette. Mio padre utilizzava questa scatola, per riporre tutti i suoi nastri nei vari traslochi. Cominciai a divorare quelle canzoni che andavano dal rock anni ’60 ’70 alle hit degli anni ‘80. Erano i miei biscotti e ne andavo ghiotto. Da lì cominciai a strimpellare la chitarra e a cantare a squarciagola. Avevo una decina di anni, il resto è venuto da sé.

Molti la conoscono per l’anima rock e per gli esordi con gli Stamina: quali sono i tuoi punti di riferimento musical e c’è un disco che ha fatto scoccare la cosiddetta scintilla?

Il rock è stato il fuoco che non ha mai smesso di bruciare. È passata tanta musica differente dalle mie casse, ma in adolescenza quelli che più ho consumato e che ho dovuto ricomprare per usura sono stati senza ordine di importanza: Made in Japan, Deep Purple, Paranoid dei Black Sabbath, Aqualong dei Jethro Tull, Appetite for destruction dei Guns’n’Roses e Pink Floyd a profusione, ricordando che sono stato concepito sulle note di Wish you where here.

Nella carriera solista è passato da pezzi più intimisti a brani moderni come Young GeriatriX, in cui si ironizza sui talent e sulle mode del momento. In quale veste si sente a più agio e quando sarà pronto un disco tutto suo?

Young GeriatriX è una provocazione e mi diverte tanto riascoltarla, ma ho un album pronto in cui ho voluto racchiudere tutto me stesso in una forma più poetica. Si intitola Più dei Giganti, è un cantautorato con incursioni elettroniche inciso con la Goldmine Records di Maurizio Sarnicola, altra eccellenza campana. Maurizio e Massimino Ernesto Voza hanno collaborato agli arrangiamenti, dando un contributo magistrale alle emozioni che volevo trasmettere. Spero di farvelo ascoltare presto.

A proposito, quali sono gli album che ascolta sempre quando è in viaggio?

Ascolto tanti classici e spazio davvero tra diversi generi. Ti dico quelli che ho di recente in macchina e che ripropongo metodicamente negli ultimi mesi. Spira di Daniela Pes che ritengo straordinaria e Immensità (suite) di Andrea Laszlo De Simone. Due italiani che mi fanno letteralmente viaggiare. Altro album mastodontico e che riproduco spesso, è Hey What dei Low.

Ci parla delle esperienze in Usa, Scozia e Messico?

In Scozia ho trascorso un mese meraviglioso al Fringe Festival di Edimburgo. Una marea di artisti di ogni genere che ti facevano sentire vivo ventiquattro ore su ventiquattro. Mi esibivo ogni giorno, ma ho avuto modo di assistere a tanti concerti e performance oltre che fare un po’ il turista nei miei fuori porta che mi caratterizzano. Stati Uniti e Messico sono stati una parentesi idilliaca. Ho conosciuto tante personalità, tante persone e tanti luoghi. Il mio modo di “viaggiare” che integravo al viaggio lavorativo, mi ha permesso di crescere tanto. Alternavo i salotti del Jet-set, le ville di Beverly Hills e le case da sogno sulle coste del Pacifico al mio peregrinare a piedi scalzi. Mi sono innamorato del Messico e stavo per trasferirmici definitivamente, poi ho avuto dei cambi di programma. Ho girato mezza Europa, raccogliendo grandi successi e soddisfazioni, ma il mio spirito restava sempre più incantato dalla natura che mi circondava e di cui andavo alla ricerca non appena le città cominciavano a diventare un peso che mi soffocava. Ho sempre camminato su questo filo di necessità che tutt’ora determina il mio equilibrio.

Ritornando agli Stamina, cosa le ha lasciato quel periodo? Riformerebbe una band?

La band è stato il mio rifugio e degli Stamina restano momenti indimenticabili, una palestra infinita che mi ha strutturato per poter reggere le dure tournée che affronto oggi e amicizie indelebili. Penso spesso a un gruppo. Di fatto lo stesso mio album solista lo penso come frutto di una formazione, tanto da aver pensato addirittura di rivalutare la mia uscita come solista. La band è stata una dimora adolescenziale, ponte concreto del mio essere uomo in campo artistico e oltre; quindi, mai dire mai!

È partito da molto lontano ed ora si gode il successo. Cosa consiglierebbe ad un ragazzo che vuole fare musica in questo momento?

La concorrenza è elevata, il mercato è saturo, il livello di competenze è alle stelle già tra i giovanissimi, anche se a volte non ce ne accorgiamo. L’accesso all’istruzione musicale, attoriale, canora è davvero infinito. Ciò porta il nostro mega ecosistema ad essere sovrappopolato. Ma al contempo il web, croce e delizia, da a tuti una possibilità. Studiate, formatevi, camminate tanto, osservando, senza corse frenetiche indotte da una società che vi obbliga all’affanno, e cercate la vostra poesia in ogni passo. Una volta trovata, ingegnatevi su come e a chi rivolgere i vostri versi.

Navigazione EditorialeThe Movie Critic di Tarantino – Dentro la storia di opere incompiute >>

Autore

Questa voce fa parte 1 di 94 nell'editoriale Il Novelliere 13

0 commenti

Invia un commento

Scopri di più da Il Novelliere

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading