Vintage Editore: l’amore verso un’editoria “d’altri tempi”

Editoriale

Maggio 4, 2024

Dal sogno di traduttrice, all’apertura di una casa editrice, Daniela Mastropasqua si racconta

La Vintage Editore è una casa editrice barese nata nel 2020 dal sogno di una mente che non ha paura di costruire castelli in aria, fatti di carta e non di carte. Incantati, per giunta. Perché ogni libro, pagina o parola d’un romanzo trasportano immancabilmente nell’incanto di un mondo nuovo all’interno del quale si muovono personaggi fatati. A parlarcene è proprio la fondatrice, la dottoressa Daniela Mastropasqua.

Stando alle statistiche, il sud Italia non eccelle in termini di appassionati di lettura. Se parliamo di quotidiani, la Puglia si posiziona addirittura all’ultimo posto tra le regioni. Se a questo dato aggiungiamo che l’editoria è una forma di imprenditoria “lenta”, in cui le realtà emergenti necessitano di tempo per radicarsi nel territorio, ecco che aprirsi una casa editrice a Bari risulterebbe, ai più, una scelta folle. È questo il caso, facendo un’aulica citazione, in cui “coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica”?

Assolutamente. Non è facile, non è economicamente gratificante, anzi i primi anni sono stato un vero salasso. Ma io spero di continuare a danzare con questa musica nelle orecchie sempre più forte per tutta la vita e spero che poco a poco tutti comincino a sentirla, ad ammirarne la bellezza e comincino a danzare insieme a me.

Il termine “vintage” fa riferimento a qualcosa appartenente a un’epoca passata, che sebbene non rientri nelle tendenze attuali, non ha perso il suo fascino, anzi. Il suo è un amore verso i libri dalle sfumature nostalgiche?

No, il mio è un amore verso un’editoria d’altri tempi. Quando ciò che si stampava aveva un valore speciale, la carta era pregiata, il libro era stato scelto con cura, rivisto e perfezionato. Quando si pubblicavano opere di qualità e arrivare alla pubblicazione era un traguardo vero.

Dalla realizzazione dei libri ai numerosi corsi proposti. La sua è una casa editrice che non vuole solo “vendere” volumi ma spinge verso l’educazione alla cultura. Semplice passione o senso di responsabilità verso se stessi e il territorio?

 Il mio sogno era quello di diventare una traduttrice letteraria perché mi piaceva dare una voce agli autori stranieri e portarli nel mio paese. All’inizio di questa carriera le difficoltà sono state ben più delle soddisfazioni e per questo con i corsi della Vintage, i tirocini universitari e le altre iniziative rivolte alla formazione spero di poter dare una possibilità a chi vuole affacciarsi a questo mondo.

Partiamo da quanto si legge sul sito: “La Vintage Editore mira a diventare un ottimo punto di partenza per tutti quei traduttori a cui viene richiesta esperienza, ma nessuno ha mai voglia di dar loro modo per realizzarla.” Qual è l’effettivo mercato professionale dei traduttori nel mondo editoriale?

I traduttori sono donne e uomini invisibili, che lavorano nell’ombra, ma che fanno un lavoro meraviglioso e che dovrebbe essere riconosciuto molto di più. I lettori di un libro in traduzione non si soffermano mai a pensare che quello che hanno tra le mani non è veramente il libro scritto, ma il meraviglioso risultato di un lavoro fatto di compromessi ed equilibri dove si cerca di riportare la voce dell’autore nel modo più veritiero possibile senza lasciare tracce di sé. Fare questo richiede un autocontrollo e una sensibilità eccezionale. La mia scelta di mettere il nome del traduttore in copertina, in bella vista insieme al nome dell’autore è un omaggio a loro.

Ci descriva tutto l’iter che compone la gestazione di una creatura della Vintage Editore.

Tutto parte dalla mia curiosità. Ci deve essere qualcosa che mi attrae in un’opera nella quale mi imbatto, di solito per caso nelle mie ricerche. Quello dello scouting è uno dei momenti più belli per quanto mi riguarda. Quando un’opera riscontra il mio interesse, vado a ricercarne tutte le informazioni possibili per capire se può essere in linea con il catalogo Vintage. Una volta certa di questo e risolta la questione dei diritti di traduzione, l’opera passa in lettura e viene realizzata la scheda di valutazione con tutti i dettagli che serviranno alle varie persone che ci lavoreranno. Quindi passa in traduzione. Il traduttore ha di solito tre o quattro mesi per completare una traduzione. Una volta tradotto il libro passa in proofreading, che viene fatto da un madrelingua, il quale ha il compito di controllare che la traduzione sia completa e rispetti degli standard di qualità definiti dalla redazione. Dopodiché l’opera solitamente va in editing per migliorarne la resa in italiano. Quindi si va in impaginazione e l’impaginato viene passato al primo correttore di bozze. A questo punto mi piace vedere l’opera, fare le mie correzioni e quindi inviarla all’ultimo revisore per l’ultimo giro di bozze. Ed ecco che un altro piccolo gioiello è pronto per andare in stampa e vedere la luce.

Qual è il suo rapporto con i lettori? Quale riscontro ha avuto all’interno delle fiere a cui ha partecipato?

La difficoltà più grande per una realtà piccola come la Vintage è farsi conoscere. Non è facile arrivare al lettore in un mercato saturo e dominato dai giganti, ma quando riusciamo a farci notare vedo che qualcosa cambia. Il lettore si avvicina incuriosito e poi rimane affascinato dalla passione che ci mettiamo, dalla cura, dalle attenzioni. Di solito i riscontri che abbiamo sono molto positivi.

Qual è, invece, il suo rapporto con i suoi colleghi editori?

Quali colleghi editori? Non mi conoscono.

C’è qualche anteprima sui progetti della casa editrice che vuole condividere con i lettori?

Una delle peculiarità della Vintage è che io non tratto la mia casa editrice come una fucina di libri. Non abbiamo un piano editoriale (cosa che fa impazzire la mia addetta stampa), le scadenze per me sono una chimera. Quando un libro è pronto allora va in stampa, altrimenti rimane nel calderone della redazione. Posso dire che il prossimo libro che uscirà entusiasmerà gli animi degli amanti di Downton Abbey, ma più di così, proprio no!

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