Kreuzbach, una città fra parallelismi politici e sociali
Passionale, tenace, con la Storia che scorre nelle sue vene. Federica Baglivo Weßel non ama parlare molto di sé, ma è indubbio che la scrittura sia la voce narrante della sua vita. Un passo indietro per lasciare che siano i personaggi a essere al centro dell’attenzione, perché sono loro il vero motore di un romanzo. E lo possiamo costatare proprio con il suo ultimo lavoro “Kreuzbach. Città delle aquile, città dei piccioni” (Nino Bozzi Editore) dove a guidarci è proprio la città bavarese che dà il titolo all’opera. Sarà l’arrivo di un forestiero a spingere questa cittadina a dar voce ad aneddoti, curiosità e pettegolezzi di una comunità che prende forma attraverso la sua voce. E l’ignaro viandante, e lo stesso lettore, scopre così il lato più profondo delle intenzioni di questo narratore insolito. Le vicende politiche, lo spessore morale e ciò che Kreuzbach si porta dietro sono così, man mano, svelate per raccontare non solo la sua storia, ma soprattutto quella della società degli anni Sessanta, fatta non di eroi, ma di persone animate dal sacro fuoco della giustizia.
“Kreuzbach. Città delle aquile, città dei piccioni”. Un titolo evocativo e sicuramente non casuale. Come nasce?
Nei suoi tempi d’oro, Kreuzbach è stata soprannominata “la città delle aquile”. Peccato che al giorno d’oggi aquile non se ne vedano più e che al massimo la possano chiamare la “città dei piccioni”, che invece svolazzano in abbondanza generando liti tra la cittadinanza. Tra le righe tuttavia è possibile leggere dei parallelismi con la situazione politica e sociale, in cui le aquile hanno lasciato spazio a volatili ben meno nobili.
Kreuzbach è una cittadina con una voce e una personalità che guidano il lettore a conoscere il passato e i retroscena di una comunità tedesca degli anni Sessanta. È lei la protagonista indiscussa di queste pagine. Come ci si approccia a una storia dove la voce narrante è fatta di pietre, strade e memoria?
Kreuzbach stessa ci conduce tra i suoi vicoli e le sue case. È lei a dirci quando dobbiamo fermarci a guardare, ad ascoltare, quando dobbiamo osservare con più attenzione, camminare più piano, girare a destra o sederci su una panchina a goderci il panorama. In fondo, chi conosce le persone più di chi ha ospitato sul suo suolo i loro passi?
Come confluisce la passione per la scrittura e la politica nei suoi libri?
Io dico sempre che non sono una vera scrittrice, sono una politologa votata alla scrittura. I personaggi che vengono da me lo fanno per raccontare storie in cui l’impegno, i valori e i principi giocano sempre un ruolo cardine. Attraverso di loro si scontrano idee, concezioni, visioni del mondo. La scrittura è per me il mezzo per dare una voce a chi non può averla, è uno strumento di liberazione e di espiazione. Sia io che loro portiamo a termine la piccola missione che ci è stata data per contribuire a rendere il mondo migliore.
Quali sono i suoi futuri progetti?
Dopo quasi dieci anni e un pugno di storie con i miei protagonisti (che forse un giorno vedranno la luce), sto lavorando a un nuovo filone di storie sempre ambientato a Kreuzbach: i personaggi sono molto meno impazienti di quelli che ho avuto finora e stanno buttando giù uno per uno i miei paletti. Non ci sarà sicuramente da annoiarsi.
Chi dovrebbe leggere “Kreuzbach. Città delle aquile, città dei piccioni”?
Come è possibile vedere anche nel romanzo, a Kreuzbach non si va di proposito, a Kreuzbach si capita. Percorri l’autostrada per Monaco, giri allo svincolo sbagliato e di botto sei lì, condannato ad ascoltare le paturnie e le lamentele di quella vecchia zitella acida a cui alla fine finisci per affezionarti! Mi piace pensare che chiunque si trovi questo libro tra le mani o sotto gli occhi è perché in qualche modo ne ha bisogno. Allora, ci vediamo davanti al cartello?
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