È flegreo il miglior corto horror al RED Movie Awards di Reims

Editoriale

Maggio 4, 2024

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Rastelli trionfa con un progetto che indaga sulla soppressione della natura umana

“φύσις è la realtà originale e fondamentale, la natura intrinseca alla base di tutte le cose. Rappresenta un principio universale, non dipendente dalle convenzioni sociali, dalla morale collettiva o dalle leggi umane.”

Con queste parole si apre Physis, il cortometraggio di Walter Rastelli che ha spazzato la concorrenza al RED Movie Awards di Reims conquistando il primo posto come miglior cortometraggio di genere horror. Titolo più che meritato per la pellicola che trascina lo spettatore in un turbine psicolagico in cui la realtà, nella sua routine, si trasforma in qualcosa di asfissiante e inconcepibile. Un contesto che sopprime la vera identità dell’individuo in una società che ci vuole tutti parte di un ingranaggio, automi non senzienti votati alla produttività senza che null’altro resti all’espressione dell’Io e di ciò che ci appartiene.

Ed è così che diventiamo insensibili, inappagati della vita che ci scorre davanti come la pellicola di un film che ormai più non ci affascina e che forse non ci ha mai affascinato dopotutto. Una prigione di vetro invisibile dall’esterno, ma che allo stesso tempo non permette alle nostre urla di raggiungere chi potrebbe trarci fuori da questo limbo. E la verità è che la risposta a queste preghiere non è lì, ma all’interno di noi stessi. È quel morbo color della pece che ci cresce dentro, seme che si fa radice, secca e sterile e che pure in qualche modo si fa strada e ci sabota, privandoci della nostra individualità.

È il contrario di φύσις che è quella natura selvaggia e senza controllo. φύσις è follia incontrollata, è la forza primodiale, l’estremo opposto della corda, ferale, animale, incontrastata.

Il corto mette lo spettatore al cospetto di queste due realtà, le propone una in opposizione all’altro, fonde e confonde i due aspetti e ci si chiede cosa sia solo frutto della mente e cosa invece corrisponda al vero. Si pone come uno specchio che attraverso gli stati d’animo del protagonista porta a indagare su se stessi e sulla vita che ci scivola davanti. Dove stiamo andando e peché e soprattutto come come stiamo affrontando il mondo. Che siamo forse pure noi solo meri meccanismi, attori di uno spettacolo già scritto e reiterato sullo stesso palco, interpreti di una parte priva di significato. Ci mettiamo in discussione e forse ci caliamo anche noi, come spettatori, in quella follia che è apice e che coincide con un senso di libertà senza regole, senza morale, né principi, ma anche essa priva di umanità poiché ne manca il senno che ci contraddistingue.

E quindi di nuovo ne veniamo sconfitti, come uomini e creature senzienti, in ballo fra due mondi dove tutto è il contrario di tutto, dove non abbiamo via di scampo se non arrenderci all’una o all’altra via.

Physis è permeato da una percezione pessimistica dell’esistenza. Una pellicola che merita di essere visionata più di una volta per essere apprezzata e analizzata in tutte le sue sfumature, in quel messaggio dirompente e sprezzante che proprio attraverso l’orrore ci permette di comprendere che siamo schiacciati da quel tentativo di restare sempre al passo. Physis è parte di quella filosofia antiesistenzialista presente anche in altre opere del regista bacolese che ci mostra ancora una volta che non siamo il centro dell’universo, ma solo un pallido punto blu all’interno di esso e che all’interno del grande disegno la nostra importanza è pari al nulla.

Ma c’è di più. Physis è anche la dimostrazione che il cinema italiano ha ancora la possibilità di giocare il suo ruolo all’interno della categoria horror che da ormai troppo tempo sembra essere stata lasciata nel dimenticatoio, nonostante sia un genere che non ha mai perso la sua fetta di pubblico.

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