Marta, la violinista antieroina della Ortis, oltre gli stereotipi

Editoriale

Aprile 10, 2024

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Brina – lettere da nessuno: una delicata indagine della Sicilia anni ‘60 attraverso la musica

Marta è muta dalla nascita. Un taccuino e una matita come unici amici per chi è strana agli occhi degli altri. Questo, però, non è un problema per chi riesce a comunicare attraverso le note di un violino. Una passione che coltiva riversando tutta sé stessa, per costruirsi attorno una famiglia che non ha. La musica è la sua vera voce, l’unico modo per lasciare traccia di sé stessa e sfidare la gente e la sua morale. Un mondo pronto a giudicarla per le gonne corte e le compagnie che frequenta, che accoglie a denti stretti il talento che scaturisce dalle corde del violino dietro al quale si nasconde. Ma che, allo stesso tempo, è sordo verso le voci che solo lei sembra sentire e che pure gridano per non cadere nell’oblio.

Stralci di memorie, pezzi di vita cristallizzati in eterna attesa, destinati a vivere in un limbo restando inascoltati. Un dono singolare quello di Marta, che lei restituisce alla società attraverso le note del suo amato strumento musicale e che la porta a incontrare Mitch, a intrecciare la sua vita a quella di un ragazzo che la vede oltre le apparenze con cui si è vestita. Un incontro che cambia le carte sul tavolo, ma che non può salvarla dai tormenti del suo passato, né può impedirle di sbagliare: un percorso che Marta dovrà compiere da sola, mettendo in discussione tutto il suo mondo e le sue aspirazioni. Pagando un prezzo alto per ritrovare sé stessa e sfuggire alla gabbia sociale che le sta troppo stretta.

“Brina- Lettere da nessuno” permette di affacciarsi, in punta di piedi, nella società siciliana degli anni ’60, fra occupazioni ed emancipazione femminile. La musica regna sovrana fra queste pagine: fra opere note fanno capolino note nuove e componimenti struggenti, pronti a catturare le voci che Marta può sentire. È un romanzo, però, che fa da ponte anche verso il passato, verso chi è solo ombra di sé stesso e ha solo la sua voce per raccontare chi era. E come ogni dono che si rispetti ci sono dei doveri connessi, delle responsabilità per chi può ascoltarle e deve dare loro spazio nella propria vita. Conosciamo così le storie di chi un tempo camminava su questa Terra, l’eco di vite passate destinate a essere solo presenze effimere prima di incontrare lei.

La protagonista, Marta, rompe infatti gli schemi e non reclama nessun merito oltre quello legato alla musica. È l’antieroina per eccellenza, schiva e sicura di sé, è la ribelle libera dagli stereotipi e dai cliché delle donne dell’epoca: vive di passioni, sopravvive attraverso la musica, anela alla fama per ribadire di essere viva. E allo stesso tempo è alla ricerca di pace per contrastare i demoni che le danzano attorno, costruiti per appagare la sete di successo e indipendenza necessarie per continuare a esistere.

Aurelia Ortis (pseudonimo dell’autrice Agnese Messina, già conosciuta con i romanzi “Mai stati al mondo” e “Né uno di voi né uno di loro”) ci restituisce una storia che lotta per trovare spazio fra diversi generi letterari: né totalmente storico, seppur ci offre sprazzi legati alla Seconda Guerra Mondiale, né propriamente paranormale, seppure questo elemento è presente. Così se pure la parte emotiva fa vibrare le corde dei sentimenti, non mancano neppure alcuni misteri da svelare che appartengono tanto al passato quanto al presente. Un mix di influenze che confluiscono in un romanzo che racconta la storia di due anime lontane nel tempo e nello spazio ma destinate a incontrarsi per affrontare al meglio il tempo concesso loro perché, come ci ricorda la stessa autrice, “nessuno nasce senza una ragione, nessuno muore”.

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