Nato da “Breaking Bad”, probabilmente il miglior spin-off della storia delle serie televisive
Better Call Saul, di Vince Gilligan e Peter Gould – 5 stagioni su Netflix – fu un successo annunciato sin dalla première che registrò nel 2015 il più alto indice di ascolto di sempre per le TV via cavo.
Un gioiello di scrittura incastonato in una regia gremita di soluzioni sceniche e mai uguale a se stessa e impreziosito da grandissimi interpreti : Bob Odenkirk, nei panni di Saul, e soprattutto Rhea Seehorn, capace di dire tutto con uno sguardo o con un impercettibile cenno del viso.
Ma perché ci piace tanto l’avvocato Jimmy McGill / Saul Goodman nonostante sia un deplorevole truffatore, imbroglione, manipolatore e impostore? La chiave del successo della serie sta proprio nel transfert che si verifica tra spettatore e personaggi del plot: anche noi veniamo irretititi dall’arte affabulatoria di Saul e ne subiamo irrimediabilmente il fascino tifando per lui anche nelle più abiette delle circostanze, tanto da farci chiedere alla fine dell’ultima puntata dell’ultima stagione: e adesso come faremo senza Saul?
Come faremo senza le sue cravatte dai colori accesi che spiccano sugli impeccabili completi da avvocato, alla perenne e faticosa rincorsa del successo professionale e umano. Perché, a ben pensarci, Saul incarna il sogno americano del riscatto e dell’emancipazione da una condizione di marginale di una società che misura gli uomini dai cavalli della propria autovettura o da quante scarpe su misura occupano la tua cabina armadio, grande quanto un mini appartamento.
Sarà forse per questo che nonostante la raggiunta affermazione e il conto in banca finalmente gonfio, si manterrà fedele alla sua auto: una DeVille del 1997 con la targa gialla del New Mexico. Gialla come il colore della carrozzeria a parte gli sportelli rossi: un vero catorcio dal quale non si dividerà, quasi a voler ricordarsi delle sue umili origini quando, assieme al fratello Chuck, frequentava il negozio del padre a Cicero, Illinois.
Allora si chiamava James Morgan “Jimmy” McGill, di origine irlandese, prima di assumere il nome di Saul Goodman, l’avvocato che ti conviene chiamare.
E di chiamarlo, conviene, soprattutto se cammini sull’incerto confine tra il lecito e l’illecito. Terre di confine che Saul conosce benissimo e sul quale ama navigare inventando storie, confezionando menzogne, architettando raggiri, compulsivamente. Quasi, il fine fosse solo una scusa per potersi esibire nell’arte dell’affabulazione e della manipolazione.
Ma, nonostante ciò, Saul ha un cuore d’oro ed è capace di commozione ed empatia.
È capace di amore, ad esempio. Il suo rapporto con Kim Wexler è probabilmente una delle più sincere e appassionanti storie d’amore nate dalla penna di uno sceneggiatore. Il loro amore è rispetto, è complicità, è comprensione, è un continuo ruotare la bussola alla ricerca delle coordinate meno dolorose e meno dannose, consci che non esiste la relazione perfetta.
Come dicevo, la serie andata in onda dal 2015 al 2022 per 6 stagioni (causa pandemia, la produzione dell’ultima stagione ha subito un ritardo) è un gioiello di scrittura.
Tutti i personaggi che gremiscono la narrazione sono archetipi di vizi e virtù, pregi e difetti, così ben profondamente disegnati da diventare, tutti, dei “cult”: Mike Ehrmantraut, una sorta di delinquente factotum dal cuore tenero, Howard Hamlin l’impeccabile collega avvocato di successo, il fratello Chuck anche lui affermato avvocato affetto da ipersensibilità elettromagnetica, e soprattutto Gus Fring – interpretato dall’attore italoamericano Giancarlo Esposito – uno dei distributori più importanti di metanfetamina negli Stati Uniti sud-occidentali, ufficialmente gestore di una catena di ristoranti fast food (chiamata Los Pollos Hermanos), tanto intelligente quanto letale il cui motto è: Sangre por sangre.
Qual sangue che scorre a fiotti nelle guerre tra bande legate ai cartelli della droga, quel sangue che ribolle in tutte quelle maschere che grondano ambizione, invidia, desiderio, astio, rancore, stizza; che grondano umanità, in definitiva.
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