Modesto anche il successo delle donne. Gerwing, Song e Triet cedono il passo a Nolan, ormai dichiarato regista più influente della sua generazione
Oppenheimer ha trionfato nella corsa agli Oscar, aggiudicandosi i premi per il Miglior Film, Miglior Attore Protagonista (Cillian Murphy), Miglior Attore non Protagonista (Robert Downey Jr.), Miglior Regista (Christopher Nolan), così come per il Montaggio, la Fotografia e la Miglior Colonna Sonora Originale. Il maxi-biopic della Universal che esplora la vita di Robert J. Oppenheimer è entrato in scena con ben 13 nomination e ha dominato la serata senza intoppi, mentre la politica ha mantenuto un ruolo di spicco durante tutta la cerimonia.
Nel frattempo, l’Italia ha subito una delusione, poiché “Io Capitano” di Matteo Garrone, un’odissea dell’emigrazione, ha ceduto il passo a “La Zona di Interesse” di Jonathan Glazer, un’interpretazione impattante e straziante dell’Olocausto dall’esterno delle mura di Auschwitz, che ha anche conquistato l’Oscar per il Miglior Suono. “Barbie” di Greta Gerwig è stata esclusa fin dalle prime fasi della stagione dei premi, lasciando “Povere Creature!” di Yorgos Lanthimos come unico potenziale rivale di Oppenheimer. Il remake eccentrico della saga di Frankenstein di Lanthimos ha ottenuto quattro vittorie su undici nomination, tra cui Scenografia, Trucco, Costumi e la statuetta per la Miglior Attrice ad Emma Stone.
“Lanthimos mi ha regalato una seconda vita con Bella Baxter,” ha commentato la star, aggiudicandosi il suo secondo Oscar dopo “La La Land”, superando l’altra favorita Lily Gladstone di “Killers of the Flower Moon” di Martin Scorsese, l’unico duello che ha mantenuto il suspense fino all’ultimo momento. Se Gladstone avesse vinto, sarebbe stata la prima nativa americana a conquistare uno dei più prestigiosi onori di Hollywood. Il film di Scorsese, con 10 nomination, è emerso come il contendente sconfitto della serata.
Il successo delle donne è stato modesto dopo l’esclusione di Greta Gerwig dalle nomination per la regia. Sia Celine Song che Justine Triet (quest’ultima ha vinto per “Anatomia di una Caduta” insieme al marito Arthur Harari per la Sceneggiatura Originale) hanno ceduto il passo a Nolan, confermando il suo status di regista più influente della sua generazione. “Barbie”, rivale di “Oppenheimer” fin dal giorno del loro debutto nei cinema in contemporanea a luglio, è rimasta quasi a mani vuote, ottenendo solo la statuetta per la Miglior Canzone Originale per “What Was I Made For” di Billie Eilish e Finneas, superando “I’m Just Ken” di Ryan Gosling in una performance sorprendente in stile vecchia Hollywood.
Il conflitto tra Israele e Hamas, al centro di proteste fuori dal Dolby, era nella testa della gente anche dentro la cerimonia: la Eilish, Ramy Yousef, Mark Ruffalo, Ava du Vernay sono state tra le star che hanno messo la spilletta rossa della campagna Artists4 Ceasefire mentre Glazer, premiato per il film sulla Shoah, ha parlato di “tutte le vittime della deumanizzazione”, sia i palestinesi intrappolati nella Striscia che gli ostaggi israeliani catturati il 7 ottobre dai miliziani di Hamas.
I conflitti non si sono limitati al Dolby Theatre: Mstyslav Chernov, regista di “20 Giorni a Mariupol”, premiato come Miglior Documentario, ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina. Inoltre, è stato proiettato un frame del vincitore del 2023, Navalny, all’apertura del segmento In Memoriam, accompagnato da “Partirò” di Andrea Bocelli con il figlio Matteo.
Un intermezzo comico si è svolto tra Donald Trump e Kimmel: l’ex presidente non ha resistito nel prendere in giro quest’ultimo sulla sua piattaforma Truth Social, definendolo “il peggior presentatore di sempre”, a cui Kimmel, leggendo la ‘recensione’ prima della caduta del sipario, ha risposto: “Grazie per aver guardato, ma non è già ora del coprifuoco in prigione?”.
I due attori non protagonisti hanno regalato i momenti più toccanti della serata: sia Da’vine Joy Randolph per “The Holdovers – Lezioni di Vita”, che Downey Jr. avevano la vittoria praticamente garantita. I loro discorsi dal podio hanno suscitato risate e lacrime. Da’vine ha pianto, ricordando tutte le persone che l’hanno accompagnata nella vita, a partire dalla madre, mentre Downey Jr. si è rivolto alla moglie, affermando: “Il mio veterinario, che mi ha trovato quando ero un cucciolo randagio abbandonato e mi ha riportato in vita. Io -” ha aggiunto l’attore, emergendo da una serie di battaglie con varie dipendenze che lo hanno portato a trascorrere quasi un anno in prigione e altri in riabilitazione “- avevo più bisogno di questo film di quanto loro avessero bisogno di me”.
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