Forma ibrida tra informazione e intrattenimento, è il nuovo oro dello streaming
Crime, musica, sport, storia, attualità: a scorrere la classifica delle migliori docuserie del 2023, redatta da un sito specializzato in Serie TV, sono questi i temi principali trattati.
Ma cosa si definisce esattamente con il termine “docuserie”? Altro non è che un neologismo nato dalla crasi tra le parole “documentario” e serie TV. Ossia, in poche parole, un’indagine televisiva, un approfondimento, un reportage, che invece di esaurirsi nello spazio (angusto) di una sola puntata, trova genesi, sviluppo e conclusione in più episodi. Ma, attenzione, commetteremmo un grave errore se pensassimo che le docuserie altro non siano che la somma di documentari spezzettati in più segmenti.
Il prodotto, negli ultimi dieci anni, è divenuto sempre più popolare, avvicinando un pubblico fino ad allora refrattario ai lavori di inchiesta nei quali non vi era posto per la fiction. Un prodotto al quale le principali piattaforme in streaming hanno sempre di più dedicato attenzione e risorse e che negli anni ha acquisito una propria identità e peculiare connotazione strutturale ed estetica, conquistando una posizione di rilievo nel rutilante ed inquieto mondo dello streaming.
Le docuserie, infatti, proprio in virtù della dilatazione dei tempi narrativi necessita di quegli elementi tipici e fondanti di un’opera di finzione.
Il soggetto, ad esempio, deve necessariamente essere articolato in più enunciati, non potendosi ridurre al semplice argomento dell’inchiesta. Così come la sceneggiatura deve strutturarsi pensando ai tempi di una narrazione che preveda azione, approfondimento, riflessione. C’è una storia da raccontare, con un inizio, uno sviluppo e un finale e soprattutto c’è un pubblico che si aspetta qualcosa di più della mera esposizione dei fatti.
Il presupposto essenziale è che la docuserie si pone nel terreno ibrido tra informazione e intrattenimento. E si tratta di un terreno pericoloso perché si rischia di svilire l’argomento di cui si parla affrontandolo con mezzi di finzione, utilizzando artifizi narrativi in maniera fittizia e ingannevole. Insomma, occorre trovare un equilibrio stilistico che nobiliti l’argomento trattato, riconoscendogli l’importanza e il rispetto che merita compiendo i necessari approfondimenti, senza però appesantire la fruizione del prodotto, pesantezza che rischia di diventare insostenibile se protratta per più puntate.
Ed è per questo che le docuserie sempre di più si avvicinano ad un’opera di finzione. Un montaggio che imprima ritmo e suspense, l’utilizzo della musica che connoti l’atmosfera, una fotografia che colori le ambientazioni, l’inserimento di momenti di pura invenzione che raccontino gli accadimenti di cui si tratta, una mano da regista autoriale: tutti stilemi più prossimi ad una narrazione che non solo informi ma che anche stimoli emozioni, interessi e incuriosisca lo spettatore.
Tutto ciò, fermo restando, ovviamente, che a monte vi sia un lavoro di approfondita ricerca, reperimento della documentazione, affidabilità delle fonti, veridicità e obiettività della storia che, naturalmente, rimangono le fondamenta di qualsiasi lavoro giornalistico che si rispetti, affinché sia la finzione al servizio della verità, e non il contrario.
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