Una raccolta poetica che svela la ricerca incessante di una “lei” che vive dentro di noi.
Manuel Mascolo, attore, scrittore, cabarettista, cantante, musicista, show man, dopo l’ultimo libro, Salernoir, pubblicato nel 2020 da Saggese Editori, torna nel mondo editoriale con “Ho fatto un riassunto di ciò che vorrei dirti”, una raccolta di poesie, di pensieri, un diario scritto e scarabocchiato che racconta di “lei”.
In che modo il libro cattura la complessità dei discorsi mai fatti, appuntati su fogli sparsi, e come questi contribuiscono alla narrazione complessiva del sentimento espresso nelle pagine del libro?
Per comprendere bene il libro bisogna pensare ad esso come ad un “diario” piuttosto che a una semplice raccolta di poesie, un taccuino dove nel tempo ho appuntato parole e sentimenti, dove i versi prendevano forma tra sbavature e cancellature.
Questo lo rende sicuramente un lavoro più intimo, e lo stile usato nell’impaginazione vuole proprio riferirsi a questo, ci si ritrova (mi auguro) immersi in uno scenario profondo, dove parole non dette, ma appuntate su fogli e note, riescono in qualche modo a esprimere un sentimento complesso, col quale spesso non riusciamo a raffrontarci.
Quali sono alcuni dei motivi principali che la spingono a cercare costantemente la figura di “lei” e come questa ricerca si traduce nel tessuto delle poesie e del diario?
Ho sentito dire “si cucina sempre per qualcuno, altrimenti stai solo scaldando del cibo”, ecco potrei dirti la stessa cosa per quanto riguarda la poesia, la mia poesia.
Scrivo per lei, altrimenti starei solo buttando giù parole su un foglio…
Questo libro in particolare è una raccolta di tante parole che avrei voluto dirle, ma che per mancanza di tempo e spazio rischiavano di restare chiuse in un cassetto, e i cassetti prima o poi si riempiono, si ingolfano di carte scarabocchiate, fogli e pensieri, e quando sono troppo pieni poi risulta difficile aprirli…
L’ho cercata tanto, la cerco da sempre, e non basterebbero tutte le parole per descrivere a pieno un sentimento, e non parlo solo in maniera personale, credo sia difficile per tutti poterlo fare, o almeno poterlo fare accuratamente, allora la poesia mi ha aiutato a riassumere ciò che sentivo, e magari può aiutare altri…
Ognuno di noi ha una “lei”, o un “lui”, al quale dedichiamo qualcosa, forse un gesto, un pensiero, qualche parola, insomma… un pezzo di noi.
In che modo il libro riflette l’esperienza delle notti insonni e come questo stato d’animo contribuisce a plasmare il tono delle poesie e dei pensieri espressi?
Alda Merini scrisse “I poeti lavorano di notte” ecco forse l’ho presa troppo alla lettera…
Di notte spesso capita di fare i conti con se stessi, di fare il punto della situazione, di arrovellarsi su quelle domande rimandate durante il giorno, la notte è sempre stata per me un momento di confronto, confronto con me stesso… e come ho scritto anche nel libro “quando non dormo sogno…” e da questo sognare ad occhi aperti che spesso nascono versi, racconti, canzoni… sono lì e appunto tutto, tra i miei pensieri o su fogli bianchi, così come vorrei esprimerli, così come li reciterei, così come vorrei dirli a lei.
Credo che l’insonnia sia la pena degli artisti, troppo impegnati a sognare costantemente da non potersi permettere di dormire…
Come si colloca questo lavoro all’interno del suo percorso artistico?
Amo la poesia da sempre, da quando non avevo il coraggio di scriverla, e di pubblicarla.
Ho raggiunto una consapevolezza nuova, l’idea che la poesia non merita abbandono, non merita dimenticanza, non merita di essere seppellita insieme a rimorsi e rimpianti. “La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve” diceva Troisi ne Il postino…
E se anche a un solo lettore i miei versi risulteranno utili, se anche una o uno di loro troverà aiuto e bellezza nel mio riassunto… allora potrò dirmi soddisfatto, e tutte le notti insonni, tutte le pagine strappate, gli scarabocchi e le parole scritte e immaginate, tutto quell’agglomerato di sentimenti sbavati di inchiostro e cancellature, tutto questo… avrà avuto un senso.
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