La formazione Salernitana pubblica un album dedicato ad Efesto
Amatissimi in Giappone ed in Europa, i salernitani Heimdall tornano in pista, dopo dieci anni di assenza, con Hephaestus, disco che sta volando nella chart dedicate alla musica rock ed heavy metal.
La band, il cui nome si ispira al dio-custode del ponte Bifrost del regno di Asgard, è una istituzione del power-heavy tricolore, quello epico e melodico, ed ha all’attivo sei album, tra cui il penultimo ispirato all’Eneide di Virgilio.
Del lavoro e dei progetti futuri ne parliamo con i fratelli Fabio e Nicola Calluori (chitarra e batteria), che sono le fondamenta di un gruppo completato da un line up d’eccezione, ovvero Gandolfo Ferro alla voce, Carmelo Claps alla seconda chitarra e Franco Amoroso al basso.
Il vostro come-back è un concept album?
Non proprio, anche se le tematiche mitologiche sono sempre molto presenti, come appunto nella title track, che è dedicata alle vicende del dio greco Efesto. Chiunque di noi può immedesimarsi nella sua vita, nelle sue difficoltà, nella sua voglia di farcela, nella sua aspirazione alla perfezione, nella sua rinascita e nella sua conquista della consapevolezza che quello che si ha è spesso meglio di quello che si vuole.
In We are one e King parliamo, invece, della lotta per la libertà, di esperienze in Till the End of Time o di relazioni in Masquerade.
Come mai ci avete messo tanto per tornare in studio?
Ci siamo fermati per una serie di motivi. In primis abbiamo perso nostro padre, attraversando un periodo triste e difficile. Poi, c’era una certa sfiducia in tutto il sistema discografico, poiché vedevamo che solo chi aveva determinate spinte andava avanti, ed infine bisognava fare i conti con la voglia di far uscire qualcosa che per noi fosse perfetto, sia a livello musicale che lirico. Ecco perché siamo sicuro che questo sia il nostro migliore lavoro.
Brani granitici ma cantabili ed una produzione deluxe.
Tutto è stato fatto nei nostri Sonic Temple Studio e non è stato un lavoro semplice, perché i brani, soprattutto a livello di arrangiamenti, sono piuttosto complessi. Volevamo che il disco suonasse chiaro potente e melodico, con molta attenzione alle chitarre e siamo al settimo cielo per il risultato finale».
Stampa e pubblico vi stanno osannando.
Sapevamo di avere tra le mani qualcosa di molto valido. A poco a poco che arrangiavamo i pezzi, ci siamo accorti che veniva fuori qualcosa di bello. Ci aspettavamo feedback positivi, anche se mettiamo in conto anche critiche, ma la spontaneità è stata sempre il nostro punto di forza, senza fare ragionamenti a tavolino.
Il Giappone è una terra che via ama molto…
Stiamo ancora aspettando i riscontri dal Sol Levante ma siamo sicuri che lì ci accoglieranno bene, come al solito. Si tratta di un Paese più aperto a generi che qui vengono considerati di nicchia, vedi il metal, il progressive et similia. È una questione di apertura mentale e da una voglia di scoprire musica differente da quella che ti propinano le radio e la Tv e questo avviene anche in Germania e logicamente in Inghilterra, dove il metal è nato!
Abbiamo un legame profondo con loro: quando il nostro primo disco uscì non fu stampato da subito nella terra del Sol Levante ma, nonostante questo, i giapponesi comprarono il nostro cd di importazione, facendoci arrivare terzi nella classifica delle band di import, dietro a Pantera e Slayer. Avremmo potuto fare in passato delle date in questa magnifica nazione, chissà stavolta coroneremo questo piccolo sogno.
Stare preparando un tour?
Siamo pronti ed andremo dappertutto per portare la nostra musica.
Abbiamo sempre creduto in questo sogno nato nel 1997. Speriamo di suonare anche a Salerno, anche se da noi sono di moda le cover band e non è facile programmare qualcosa. Le cose sono peggiorate rispetto al passato.
Prima c’erano diversi locali più propensi ad accogliere gruppi che suonassero inediti, ma noi non demordiamo.
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